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Archive for 20 febbraio 2010

Da quando sono rientrati in Italia i Savoia, Emanuele Filiberto è diventato un’assoluta star del panorama nostrano. Star televisiva di Ballando con lo stelle, poi addirittura candidato nelle liste europee dall’Udc, di nuovo in tv a condurre Raccomandati, ora cantante a San Remo (e lasciamo stare i commenti sulla canzone).

Emanuele Filiberto star di questo livello, è solo l’ennesima dimostrazione della memoria corta di troppi italiani.

Per spiegarci meglio, occorre fare un passo indietro nella storia e tornare al luglio del 1943, quando gli anglo-americani sbarcarono in Sicilia. La veloce conquista dell’isola era solo l’ultima dimostrazione della menzogna fascista (Mussolini aveva detto: “li fermeremo sul bagnasciuga”).  Nel tentativo di salvare il salvabile, le alte gerarchie fasciste, in una drammatica riunione del Gran Consiglio, decisero di togliere il loro appoggio a Mussolini. Il giorno seguente, il 25 luglio, questi diede le sue dimissioni al re Vittorio Emanuele III (il bisnonno di Emanuele Filiberto), il quale lo fece anche arrestare (finalmente una cosa buona).

La guerra, per l’Italia, era ormai persa. L’unica salvezza era passare dalla parte degli Alleati. C’era solo un piccolo ostacolo. Questi avevano deciso da alcuni mesi che qualunque resa sarebbe dovuta avvenire senza condizioni. In pratica, nessuna garanzia sarebbe stata data agli alleati di Hitler. Era un principio valido per chiunque. Ovviamente il nostro re (certamente assecondato dal nostro becero stato maggiore), da buon italiano, riteneva che per noi ci sarebbe potuta essere un’eccezione. Si sa, gli italiani sono furbi, cascano sempre in piedi. L’inutile speranza di guadagnare qualcosa, fu la peggiore cosa che ci sarebbe potuta capitare.

Le trattative con gli Alleati terminarono solo il 3 settembre, quando fu firmato il cosidetto “armistizio breve”. Quindi un mese e mezzo gettato all’aria per ottenere quello che già sapevamo di poterci aspettare: niente. Ma la perdita di tempo fu fatale, perché i tedeschi, intuito che gli italiani sarebbero passati con gli Alleati, passarono ad occupare la penisola con le loro truppe.

Non contenti, perdemmo ulteriori giorni. Non diramavamo la notizia dell’armistizio, nella speranza di far cambiare idea alle potenze antifasciste e ottenere qualcosina. Alla fine, messi alle spalle al muro, si arrivò al tragico 8 settembre, uno dei peggiori giorni della storia italiana. Badoglio diramò alla radio un comunicato assolutamente incomprensibile: non si sapeva se la guerra fosse finita, non si sapeva con chi avremmo dovuto combattere. La popolazione civile e l’esercito furono lasciati al loro destino, mentre Vittorio Emanuele scappava ingloriosamente da Roma. L’Italia era divisa in due, iniziava la Resistenza alla tragica occupazione nazifascista, 600000 soldati italiani furono deportati nei campi di prigionia dai tedeschi, dove furono trattati come “traditori”.

In vent’anni Vittorio Emanuele era così riuscito a caricarsi di colpe inespiabili. Non aveva fermato l’ascesa di Mussolini, aveva permesso la guerra d’Etiopia, non si era opposto alle leggi razziali, aveva firmato l’entrata in guerra nel 1940. Infine, con quel ritardo ingiustificabile nell’arrendersi agli Alleati, aveva fatto sì che i tedeschi occupassero l’Italia centro-settentrionale, facendo vivere al nostro paese una guerra che fino a quel momento ci aveva toccato solo marginalmente.

Ora, cosa c’entra tutto questo con Emanuele Filiberto? E’ molto semplice. Per capirlo, bisogna capire cos’è una monarchia. Il legame che esiste fra un popolo e una dinastia regnante, non è quello che si instaura con un semplice rappresentante politico. Il ruolo storico della monarchia è quello di essere praticamente in una simbiosi quasi sacra con la nazione. Il popolo prima di essere fedele alla nazione, è fedele alla corona. Il sovrano, nel suo stesso corpo, rappresenta la nazione. Questo fa sì che ne è il primo responsabile. Se viene a mancare a questa responsabilità, recide il cordone. Così, le colpe di un re si trasmettono ai propri discendenti, perché è in primo luogo il nome della dinastia a essere infangato.

Ritorniamo a Emanuele Filiberto. Di fronte agli italiani, egli non è responsabile delle malefatte del padre (ricordiamo gli scandali sessuali in cui fu coinvolto qualche anno fa), per il semplice motivo che il padre non è nessuno. Ma condivide appieno le responsabilità del bisnononno.

Far rientrare i Savoia in Italia, è già stato un grande smacco alla storia. Ma ora abbiamo anche fatto diventare Emanuele Filiberto una star. Abbiamo perso la memoria. E così, in tv, lo chiamiamo pure: “principe”…

Diego Gavini

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