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Archive for marzo 2010

Chiusa la tornata elettorale delle elezioni regionali, usciti dal momento delle prime dichiarazioni a caldo, è possibile sviluppare una serie di domande e di riflessioni sull’esito dei risultati.

1) Chi ha vinto le elezioni? Pensiero comune è che ha vinto la destra. A mio avviso è più giusto di parlare di pareggio, anche se più deludente per il centrosinistra che per il centrodestra. Occorre infatti fare un distinguo fra i fattori negativi e quelli positivi. Fra quelli negativi c’è che da un lato, nelle amministrazioni in cui la sinistra era all’opposizione (Lombardia e Veneto), è rimasta non solo minoritaria, ma ha subito una vera e propria disfatta, specialmente in Veneto. Dall’altro lato ha perso quattro regioni precedentemente governate. Ma qua bisogna fare il primo distinguo. In Campania e Calabria ha subito una sconfitta netta. Diverso invece il caso di Piemonte e Lazio, dove l’elettorato si è letteralmente spaccato a metà. Ottantamila voti in più nel Lazio, diecimila in Piemonte, e un deludente pareggio si sarebbe trasformato in grande vittoria. Se si guarda poi alle altre regioni, quelle in cui la sinistra si è confermata, si può notare che ha vinto in due regioni considerate in bilico alla vigilia, come Liguria e Puglia. Tolte poi Toscana ed Emilia, considerate tradizionalmente rosse, il centrosinistra ha riacquistato in Umbria e Marche un consenso che aveva perso alle Europee, mentre si è tenuta stabile in Basilicata di fronte ad un letterale crollo del Pdl. In termini assoluti infine, il centrosinistra si è leggermente ripreso rispetto ai dati delle europee, segnando un’inversione di tendenza dopo che negli ultimi due anni aveva subito un graduale calo di consenso.

2) Il dato che più spicca all’occhio è la disaffezione della gente rispetto alla politica. Questo si è tradotto da un lato in un astensionismo dilagante, dall’altro in un voto di protesta che ha premiato largamente la Lega Nord la quale continua a vivere nel paradosso di fare la ribelle a Nord per poi governare (male) a Roma. E questa protesta ha premiato anche il movimento di Grillo che ha raccolto circa 400 mila voti, risultando peraltro determinante in Piemonte con le sue 100 mila preferenze. Lo stesso Di Pietro vive su questa situazione. In generale non credo che questa disaffezione abbia colpito in maniera maggioritaria il Pdl o piuttosto il Pd. Credo che li abbia colpiti entrambi. E’ dunque su questo terreno, sulla capacità di recuperare questo consenso, che si gioca la partita politica dei prossimi anni.

3) L’altro dato emergente è il clamoroso successo della Lega. Ad impressionare non sono tanto i formidabili dati veneti e lombardi, quanto il 13% che ha raggiunto in Emilia e, nel suo piccolo, il 4% toccato in Umbria, dove non si capisce cosa vi sia di padano. Questi risultati creano però, al di là delle apparenze, anche dei problemi col Pdl, come si è già visto dalla sfuriata di Brunetta che ha accusato la Lega di non aver fatto abbastanza per farlo eleggere a Venezia. Da un lato bisogna vedere come Berlusconi reggerà di fronte ad un alleato sempre più affamato; dall’altro come conterrà i dissidenti interni come Fini, scontenti del crescente strapotere di Bossi. Altra carta poi a favore di Fini è l’evidente calo del Pdl, che in due anni ha perso circa quindici punti percentuali, calo che può essere sfruttato dall’ex leader aennino per evidenziare i problemi di Berlusconi.

4) L’altra faccia di queste elezioni è il fronte della sinistra. Come deve reagire il Pd? Facile: evitando le solite liti interne, dettate più dai personalismi che da vere riflessioni teoriche. Deve poi anche dotarsi di un’identità vera, capire dove vuole andare. Ma per fare ciò deve provare anche a lasciar lavorare Bersani. Solo una segreteria forte riduce il numero di errori e crea consenso attorno a sé. Il dopoelezioni non sembra però andare in questa direzione: già sono arrivate, dalle pagine dei giornali, le critiche di Marino, Veltroni e Franceschini. Bisognerebbe avere invece un po’ di spirito del vecchio Pci: aspre discussioni all’interno, ma capacità di uscire compatti all’esterno. A questo discorso si collega la “percezione” del risultato elettorale. I media e le persone sentono che la sinistra ha perso. Questo perché, tolto Bersani, tutti gli altri uomini di punta del centrosinistra hanno immediatamente iniziato la solita pratica autolesionista di vedere solo ciò che c’è di male, senza piuttosto realizzare un’attenta analisi soppesando elementi negativi ed elementi positivi.

5) Il Pd vive finora, a livello di consensi, una duplice identità: forte nelle grandi città, debole nelle piccole province. A Roma e a Torino, il centrosinistra ha raccolto più di 100 mila voti del centrodestra, a Milano il 26% dei voti rispetto ad uno scarso 20% nel resto della regione, a Venezia il comune è stato conquistato al primo turno. E’ dunque nelle piccole città, nelle realtà dei paesi, dove dominano più il notabilato e le reti di conoscenza rispetto al voto d’opionione, che il Pd deve trovare una strada alternativa.

6) Quando si parla di sinistra si critica molto il Pd, ma a mio avviso il problema reale è ancora più a sinistra. In pochi anni si è assistito ad un vero e proprio tracollo del consenso a doppie cifre di cui godeva Rifondazione Comunista. Sinistra Ecologia e Libertà, è la speranza. Ma dopo aver sostanzialmente confermato i risultati delle europee, deve cominciare a dotarsi di una vera e propria organizzazione. Vivere sul fascino di Vendola non porta lontano. Risulta troppo evidente come, allontanandosi dalla Puglia e salendo a Nord, i voti del partito del governatore pugliese peggiorino esponenzialmente. Dall’altra parte, quello che è rimasto di Rifondazione sembra sempre più destinato ad una lenta morte. Da due anni non fa che attaccare il Pd, ma il tracollo dei risultati ha una causa tutta interna, e legato fondamentalmente a due motivi: da una parte un linguaggio e delle tematiche che sembrano provenire direttamente dagli anni ’70, dall’altro l’aver rinunciato del tutto alla prospettiva di governare.

7) Ultima considerazione, è che sembra già crollato il progetto del bipartitismo. Questo disegno era stato fatto da due persone, Berlusconi e Veltroni, per motivi opposti. Il primo, perché vi vedeva la possibilità di governare senza la scocciatura degli alleati. Il secondo perché credeva di vivere in America invece che in Italia. In un primo momento sembrava anche un progetto realizzabile, tanto che alle politiche il Pdl e il Pd rappresentavano circa il 75% dell’elettorato. Ma dopo il calo delle europee, oggi raccolgono poco più del 50% delle preferenze. Oggi Veltroni ha detto che il Pd deve tornare ad avere una vocazione maggioritaria. Bersani aveva vinto il congresso dicendo che non si poteva vincere da soli. I dati di queste elezioni, ne sono la conferma.

Diego Gavini

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Regionali

Ecco i dati definitivi della tornata elettorale, che vedono 7 regioni assegnate al centrosinistra e 6 al centrodestra, segnando dunque il passaggio di Calabria, Campania, Lazio, Piemonte alla coalizione guidata da Berlusconi (per vedere i risultati in maggior dettaglio, rimandiamo agli articoli in cui, a partire da domani, analizzeremo il voto regione per regione):

Veneto

Zaia (centrodestra) 60,15% – Bortolussi (centrosinistra) 29,0

Lombardia

Formigoni (centrodestra) 56,10% – Penati (centrosinistra) 33,27%

Piemonte

Cota (centrodestra) 47,32% – Bresso (centrosinistra) 46,90%

Liguria

Burlando (centrosinistra e Udc) 52,14% – Biasotti (centrodestra) 47,85

Emilia-Romagna

Errani (centrosinistra) 52,06% – Bernini (centrodestra) 36,72%

Marche

Spacca (centrosinistra e Udc) 53,17% – Marinelli (centrodestra) 39,72%

Toscana

Rossi (centrosinistra) 59,73% – Faenzi (centrodestra) 34,44%

Lazio

Polverini (centrodestra e Udc) 51,14%  – Bonino (centrosinistra) 48,32%

Umbria

Marini (centrosinistra) 57,24% – Modena (centrodestra) 37,70%

Campania

Caldoro (centrodestra e Udc) 54,25% – De Luca (centrosinistra) 43,04%

Calabria

Scoppeliti (centrodestra e Udc) 57,70% – Loiero (centrosinistra) 32,20%

Basilicata

De Filippo (centrosinistra e Udc) 60,81% – Pagliuca (centrodestra) 27,92%

Puglia

Vendola (centrosinistra) 48,69% – Palese (centrodestra) 42,25%

 

Le percentuali a livello nazionale dei singoli partiti sono:

Pdl  26,78%

Pd   26,10%

Lega Nord   12,28%

Idv  7,27%

Udc  5,57%

Sel   3,03%

Sinistra  2,74%

Movimento a 5 stelle  1,77%

La destra  0,71%

Verdi  0,67%

Api  0,58%

Radicali  0,56%

Le liste civiche dei presidenti di centrosinistra hanno raccolto il 3,84%, quelle del centrodestra il 7,81%.

L’affluenza alle urne è stata appena del 64,19%, in forte calo rispetto al 72,01% di cinque anni fa.

Comunali e provinciali

Oggi sono stati scrutinati anche i voti delle provincee e dei comuni in cui si è votato.

Tutte e quattro le province in cui gli elettori sono stati chiamati a votare sono state conquistate dal centrodestra. Ad Imperia Sappa si è imposto su Giordano per 59 punti percentuali a 32. A L’Aquila Del Corvo ha battuto la sfidante Pezzopane 53,4% a 45,3%. A Viterbo Meroi ha raccolto il 54,7% dei voti, contro il il 32,1% di Grattarola. Infine a Caserta Zinzi ha vinto su Stellato 64,4% a 30,6%.

Per quanto riguarda le comunali si è votato per 462  amministrazioni, fra cui 9 capoluoghi. Tra questi spicca il voto di Venezia dove il candidato del centrosinistra, Orsato, ha battuto il ministro Brunetta 51,1% a 42,6% (il ministro ha peraltro attaccato la Lega, accusandola di non averlo sostenuto a sufficienza). Negli altri 8 capoluoghi si andrà al ballottaggio a Mantova, Macerata, Vibo Valentia e Matera, mentre il centrodestra ha già vinto a Chieti ed Andria e il centrosinistra a Lodi e Lecco (dove inoltre è stato battuto il leghista Castelli).

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In occasione del 400°  anniversario della morte del pittore Michelangelo Merisi,  Roma si prepara ad ospitare le opere più rappresentative del pittore lombardo.

Dal 20 febbraio fino al 13 giugno sarà possibile vedere 30 delle 40 opere del  grande  “genio” esposte alle Scuderie del Quirinale.

Roma rappresentò per il pittore un forte trampolino di lancio per  la sua attività, la frequentazione dei salotti romani e la solida amicizia con il Cardinal Del Monte ,uomo di cultura e appassionato d’arte, garantì al pittore di conquistarsi una grandissima fama.

Purtroppo il suo animo ribelle e violento lo portarono ad avere guai con la legge, in quanto si macchiò di un  assassinio , a causa del quale fu costretto a fuggire da Milano e rifugiarsi a Roma. Il suo trasferimento nella città eterna, dunque, non sarebbe stata una meta prefissata, ma la conseguenza di una fuga.

Il  suo  temperamento così turbolento, che si riscontra nelle sue opere,  suscitò non poche polemiche e accese reazioni  da parte  del pubblico romano e non solo.

Alcuni suoi capolavori, che  si potranno ammirare alle Scuderie del Quirinale sono la “Cena di Emmaus” arrivato dalla Pinacoteca di Brera da Milano, affiancata alla versione proveniente dalla National Gallery di Londra e la celeberrima “Canestra di Frutta” che per la prima volta in 4 secoli ha abbandonato la Pinacoteca Ambrosiana.

Dalla Galleria degli Uffizi di Firenze e dalla Galleria Borghese di Roma troveremo il “Bacco” ed il “Davide che taglia la testa a Golia”.  La mostra vuole essere un’occasione unica per penetrare nello spirito e nell’essenza dello stile rivoluzionario e naturalistico propriamente caravaggesco.

Alessandra Muzi

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Come era prevedibile l’affluenza alle urne è in forte calo. Alla chiusura dei seggi, solo il 47,08% degli aventi diritti al voto si è recato alle urne. Alle elezioni regionali di cinque anni fa, l’affluso era stato del 55,96%. Si è dunque registrato un calo parziale dell’8,88%. Maglia nera il Lazio, dove l’affluenza è scesa del 12,5%: rispetto a cinque anni fa. La domenica si è infatti chiusa con un dato del 43,39%. Basse percentuali che si riscontrano proprio nelle regioni che i sondaggi danno più in bilico: in Piemonte ha finora votato il 47,6%, in Liguria il 43,5%, in Campania il 43,2%  e in Puglia il 43,7%. Dati invece più elevati al Nord, dove in Lombardia e in Veneto ci si è attestati intorno al 49%, mentre, come da tradizione, la regione col maggior afflusso è risultata l’Emilia Romagna, col 51,5%, percentuale comunque in forte calo rispetto al 61% di cinque anni fa.

Una primissima ipotesi potrebbe dunque essere un calo del Pdl: a Sud, proprio dove il partito di Berlusconi è più forte, si sono infatti avute le affluenze più basse, mentre nel Nord le più alte, divario che potrebbe significare il sorpasso della Lega rispetto al Pdl. Ovviamente ora è comunque tutto in bilico, solo l’apertura delle urne potrà dare le prime risposte.

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Un mese fibrillante, in cui si è parlato in teoria di tutto e in pratica di niente. Berlusconi ha cercato di mettere una pezza alle difficoltà che sono emerse nell’ultimo periodo, specialmente la spaccatura nel partito e l’ascesa della Lega. E l’ha fatto a suo modo: prima ingiuriando il più possibile opposizione e magistratura, poi col flop della chiamata in piazza del “popolo azzurro”, infine invadendo le tv negli ultimi giorni di campagna elettorale (anche fuori tempo con la storia della lettera minatoria, che casualità eh?). Nel frattempo ha schierato le sue truppe prezzolate, schierando, nella sola Roma 3000 rappresentanti di lista che dovranno difendere ogni voto, specialmente quelli non validi, come ha raccontato oggi Repubblica.

Nel fare tutto ciò, l’obiettivo che si era proposto è riuscito benissimo: non far parlare dei programmi, non parlare del nucleare, non parlare dei danni del suo governo. 

Queste elezioni si presentano dunque più importanti di quello che potrebbero apparire. Per Berlusconi una sconfitta creerebbe seri problemi di governo, facendo emergere ancora più prepotentemente le ostilità con Fini. Al contempo, un sorpasso della Lega renderebbe il Pdl ancora più schiavo del partito di Bossi.

Dall’altra parte, una vittoria non rappresenterebbe solo una ventata d’aria fresca. Sarebbe aria nuova. Nel Pd, si rafforzerebbe la segreteria di Bersani al primo test, il che può rappresentare una vera inversione di tendenza rispetto alle troppe divisioni che hanno falcidiato il Partito Democratico. Più in generale, una vittoria potrebbe compattare le varie forze della sinistra che si muovono intorno al Pd, e rilanciare un nuovo progetto di unità.

Infine in mezzo c’è Casini. In mezzo in tutti i sensi: si è messo fra i due poli in attesa di capire quanto vale e potersi poi vendere meglio. A meno che un inaspettato buon risultato di Rutelli lo faccia innamorare nuovamente dell’idea del grande centro. Ma fortunatamente qua si parla di fantasie da vecchio democristiano e nient’altro.

Questa tornata può dunque essere un punto di svolta per la nostra recente storia politica. Ma bisogna sperare che non rimanga tutto così non tanto per i vari partiti. Dobbiamo sperarlo per noi. Sperare che c’è ancora una parte consistente in grado di indignarsi e mandare un bel segnale. Il segnale che non si può più andare avanti così.

Diego Gavini

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Per fortuna l’Agcom aveva multato pesantemente il Tg1 e il Tg5 per l’eccessivo spazio concesso al Pdl. E oltre la multa aveva chiesto di riequilibrare immediatamente lo scarto finora attuato.

Ho detto “per fortuna”, perché altrimenti non immagino cosa sarebbe successo, considerando che oggi Berlusconi, nell’ultimo giorno di campagna elettorale prima del silenzio, ha assunto caratteristiche praticamente divine ed è apparso su ogni sorta di mezzo di comunicazione. Tg1, Tg2, Tg4, Tg5, Studio Aperto ed anche Gr1: dovunque è apparsa un’intervista a Berlusconi. Senza contare l’intervista di un’ora a Sky Tg24. Mancava solo Rete Capri e poi eravamo a posto.

Lasciamo poi stare i contenuti delle parole del premier. Si lamenta della faziosità di Santoro. Forse perché lo ritiene un dilettante. Riassumendo:

1) “la crisi è colpa della sinistra che ha lasciato un debito pubblico spaventoso moltiplicandolo di otto volte”. Qualcuno dovrebbe però dire al premier che è difficile moltiplicare otto volte il debito pubblico in due anni. Dovrebbe forse guardare al suo amico Craxi o a se stesso, considerando che la sinistra, le due volte che è andata al governo, ha dovuto cercare di rimettere a posto i conti lasciati dal cavaliere.

2) “La sinistra vorrebbe abolire la moneta, vietando di pagare in contanti oltre i cento euro”. Magari sarebbe un modo per cominciare a far pagare qualche tassa alle miriadi di evasori fiscali che ci sono fra i commercianti.

3)”L’Italia è l’unico paese al mondo in cui ci si permette di intercettare un premier”. E forse non lo intercetta abbastanza, visto che ogni volta ne escono fuori di tutti i colori. Oggi le pressioni per far chiudere una trasmissione su una rete pubblica, ieri la richiesta a Del Noce di una “escort” per corrompere qualcuno nel centrosinistra e far cadere l’allora governo-Prodi.

4) “La giustizia è malata, ci hanno bocciato tutti i ricorsi per far riammettere la lista del Pdl a Roma”. O forse bisognerebbe dire che esistono delle regole e che non si possono fare dei decreti in materia elettorale proprio per impedire tentativi di colpi autoritari.

Uscito dalle televisioni, Berlusconi ha poi inscenato uno show alla chiusura elettorale della Polverini. Fra una barzelletta e l’altra, ha detto a Renata: “lo sai che non sei niente male? Sappi che ho il diritto del ius primae noctis su tutte le candidate”.

Ma questa battuta, se così vogliamo chiamarla non è forse stato il peggio. Quel che mi sembra ancor più squallido, è la Polverini stessa, che fra la curva della Lazio e le volgarità di Berlusconi, ha definitivamente deciso di perdere la decenza pur di vincere queste elezioni.

Diego Gavini

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Domenica 28 marzo e lunedì 29, 40 milioni di italiani sono chiamati al voto. Le urne rimaranno aperte la domenica dalle ore 8.00 alle 22.00, il lunedì dalle 7.00 alle 15.00. Il voto principale riguarda le tredici regioni che dovranno rinnovare la loro giunta: Calabria, Basilicata, Campania, Puglia, Umbria, Lazio, Toscana, Marche, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Lombardia e Veneto. Si voterà anche in quattro Provincie, Imperia, Viterbo, L’Aquila e Caserta, oltre che in 463 comuni, fra cui Macerata, Mantova e Venezia.

Lo scrutinio per le elezioni regionali si avrà lo stesso lunedì pomeriggio, mentre quello per le elezioni provinciali e comunali avverrà il martedì.

Per quanto riguarda le elezioni regionali, in special modo per il Lazio, ricordiamo che la tornata è unica, non vi è il ballottaggio; si vota sulla scheda di colore verde. Le possibilità per esprimere le proprie preferenze sono:

-si può votare esclusivamente il candidato presidente mettendo una croce sul suo nome

-si può votare una lista senza porre la croce sul candidato, a cui comunque andrà automaticamente la preferenza

-si può effettuare un voto disgiunto, votando un candidato presidente ed una lista collegata ad un altro candidato

-si può infine esprimere una sola preferenza per un candidato consigliere, mettendo una croce sulla lista provinciale e scrivendo accanto il cognome che si intende indicare

I candidati governatori nel Lazio sono:

Emma Bonino sostenuta  da: Pd, Idv, Lista Bonino-Pannella, Sel, Sinistra

Renata Polverini sostenuta da: Pdl, Udc, La destra

Roberto Fiore candidato di Forza Nuova

Marzia Marzoli candidata della Rete dei Cittadini

Nelle altre regioni, gli scontri principali sono:

-Calabria: Loiero (Pd), Scopelliti (Pdl e Udc), Callipo (Idv)

-Basilicata: De Filippo (centrosinistra più Udc), Pagliuca (Pdl)

-Campania: De Luca (Pd, Sel, Idv), Caldoro (Pdl)

-Puglia: Vendola (centrosinistra), Palese (Pdl), Poli Bortone (Udc)

-Umbria: Marini (centrosinistra), Modena (Pdl), Binetti (Udc)

-Toscana: Rossi (centrosinistra), Faenzi (Pdl e Lega), Bosi (Udc)

-Marche: Spacca (Pd, Idv, Udc), Marinelli (Pdl e Lega), Rossi (sinistra)

-Emilia Romagna: Errani (centrosinistra), Bernini (Pdl e Lega), Galletti (Udc)

-Liguria: Burlando (centrosinistra più Udc), Biasotti (Pdl e Lega)

-Piemonte: Bresso (centrosinistra più Udc), Cota (Lega e Pdl)

-Lombardia: Penati (Pd, Idv, Sel), Formigoni (Pdl e Lega), Pezzotta (Udc)

-Veneto: Bortolussi (centrosinistra), Zaia (Lega e Pdl), De Poli (Udc)

Buon voto a tutti e mi raccomando andate a votare. Nel dubbio, votate con la sinistra…

 

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La Commissione Servizi e Prodotti dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, presieduta da Corrado Calabrò, ha multato per 100.000 euro Tg1 e Tg5. Motivo: durante il periodo compreso fra il 14 e il 20 marzo (ovvero quello più importante in vista delle elezioni regionale) c’è stato eccessivo squilibrio a favore del Pdl nei confronti del Pd; inoltre, pochissimo spazio è stato accordato, secondo l’Agcom (ma ce ne eravamo accorti anche noi), alle liste minori. Inoltre l’Autorità per le Garanzie ha chiesto di riequilibrare immediatamente il divario rilevato. Il tutto, mentre a breve si attende il suo giudizio sulla sospensione dei talk-show nel periodo elettorale.

Niente di nuovo dunque all’orizzonte. Minzolini, celeberrimo e inquietante direttore del Tg1, è ufficialmente il nuovo cortigiano di Berlusconi, sostituendo un Emilio Fede ormai passato di moda. Al contempo, è sempre più palese come Rai e Mediaset si siano fuse in Raiset. Non si spiega altrimenti come sia possibile che quella che dovrebbe essere una televisione pubblica incappa nelle medesime deformazioni dei canali berlusconiani. C’entra forse qualcosa il conflitto d’interessi?

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Solitamente tutte le fazioni politiche, nessuna esclusa, hanno il vizio di non fare pronostici sul risultato delle elezioni che verranno da lì a poco. Non si dice mai: considereremo una vittoria un risultato X, considereremo una sconfitta un risultato Y. Il motivo è semplice e molto chiaro: se ci si sbilancia troppo è poi difficile fare retromarcia ed ammettere una sconfitta. Così, tutti stanno in silenzio ad attendere i risultati certi (non prendono posizione neanche durante le proiezioni), in modo poi da sapersi regolare. Risultato: nove partiti su dieci affermano di aver vinto le elezioni. O perlomeno di non averle perse.

Con l’aria che sta tirando questi giorni, il centro-destra ha però cambiato le regole del gioco e con un colpo da maestro, Bonaiuti ha messo le mani avanti: “anche se vinciamo in sole quattro regioni, la sinistra deve capire che ha perso le elezioni”. Fenomenale. Ha praticamente detto: come va va abbiamo vinto noi. Ha fissato un limite talmente basso che ogni risultato potrà essere accolto, almeno davanti alle telecamere, con entusiasmo.

Evidentemente la realtà è differente. Un eventuale 9-4 per la sinistra andrebbe considerato un grave insuccesso per il governo. Ma voglio aggiungere di più: se la gara finisce sostanzialmente pari, in pratica un 7-6 per una delle due parti, la vittoria è comunque del centro-sinistra.

Il motivo è molto semplice. Si parte in questo momento da 11 regioni governate dal centro-sinistra e 2 dal centro-destra. E’ per questo motivo che Bonaiuti afferma che 9-4 sarebbe un successo, perché significherebbe aver strappato due regioni all’opposizione. Ma il paragone non può essere dato dalla tornata elettorale di cinque anni fa. Allora la situazione era estremamente differente, in quanto Berlusconi era ai minimi storici della sua sempre più inspiegabile popolarità, ed andò incontro ad un netto rifiuto, da parte dell’elettorato, della sua politica. In cinque anni è cambiato molto. Il Pdl ha vinto agevolmente, assieme alla Lega, le elezioni politiche del 2008. Ha tendenzialmente confermato questo vantaggio alle Europee dell’anno scorso. In entrambe le occasioni, le uniche regioni in cui si è votato più a favore della sinistra che della destra, sono state le cosidette zone rosse: Toscana, Emilia, Umbria e Marche (la quale oggi è peraltro considerata in bilico fra i due schieramenti). Questo vuol dire che non si parte dall’11 a 2 di cinque anni fa, ma dal 9 a 4 per la destra dell’anno scorso. Per questo dico che se la sinistra riesce a prevalere al di fuori delle regioni rosse ha vinto, perché significa che è riuscita ad invertire la tendenza che l’ha vista sempre più minoritaria in questi ultimi due anni. Se poi riesce a prevalere in più di sette regioni e ad avere, a livello nazionale, percentuali elettorali in risalita rispetto alle Europee, la vittoria può diventare un grande successo.

Ma questo non verrà mai ammesso. Se tutti i politici sono maestri nel camuffare la realtà e a giocare con i numeri, gli esponenti del centro-destra meritano una laurea ad honorem da questo punto di vista.

Diego Gavini

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A una settimana dalle regionali non tira un’aria molto buona per la destra. Fondamentali per determinare la vittoria o la sconfitta in questa tornata, appaiono sempre di più il Lazio e il Piemonte, due fra le regioni italiane più importanti, ed entrambe in cui i candidati sembrano divisi da un pugno di voti.

A una settimana quindi dal voto, ben consapevole del rischio di una sconfitta per il centrodestra, decide quindi di scendere in campo il cardinal Bagnasco, presidente della Cei.

Ieri, nella relazione tenuta durante i lavori della Conferenza Episcopale, Bagnasco ha infatti espresso senza troppo riserbo la propria idea: “bisogna votare ricordando che l’aborto è un valore non negoziabile”.

Ora, tutti sappiamo che amministrare una regione non ha niente a che vedere con la questione delicatissima dell’aborto. Ovviamente il cardinal Bagnasco lo sa bene. Ma sa anche benissimo che peso ha avuto, nella storia politica della Bonino, la lotta per questo tema. La stessa Mercedes Bresso, candidata del Pd nel Piemonte, è altrettanto sensibile alla questione e fortemente favorevole alla pillola abortiva ru846.

Ricordare agli elettori cattolici di votare tenendo bene a mente questa vicenda, è dunque un evidente incoraggiamento a votare contro la Bonino e la Bresso. Alle parole del presidente della Cei, il centro-destra è infatti esploso in un’esultanza incontenibile. In piena difficoltà in questa campagna elettorale, l’appoggio inaspettato di Bagnasco ha destato un entusiasmo fuori controllo, così che nessuno si è voluto sottrarre all’elogio dell’alta sapienza trasmessa dal cardinale.

Il fatto poi che il centro-destra è uno degli esempi di morale cattolica più bassa che si sia mai registrata in Italia (basti pensare alle escort di Berlusconi per dirne una), che lo sfidante della Bresso, Cota, è esponente di un partito xenofobo come la Lega Nord e che la Polverini cerca senza troppe remore l’appoggio dei neofascisti, appare un qualcosa che non sembra interessare molto il cardinal Bagnasco. Cosa che ci fa chiedere ancora una volta, quali sono gli interessi che legano parte delle alte sfere ecclesiastiche a questo centro-destra. Interessi indubbiamente molto forti, se da questo lato del mondo cattolico si chiude constantemente un occhio di fronte agli atteggiamenti di Berlusconi & C., atteggiamenti sempre più lontani dai valori cristiani tanto difesi.

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