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Posts Tagged ‘elezioni regionali’

All’indomani della tornata elettorale, il segretario Bersani ha inviato ai circoli territoriali del Pd una lettera.

Dopo un iniziale resoconto sull’esito elettorale, soffermandosi in particolare sul Lazio ed il Piemonte, il segretario fa un appello affinché il Pd ricominci la sua attività dai circoli per combattere la dilagante disaffezione politica che ha portato all’astensionismo e per aiutare a costruire l’identità del partito.

Difficile dar torto a Bersani. Il bisogno di riallacciare una rete di rapporti con il territorio è il fondamento che occorre ad un partito per riconquistare la fiducia del suo elettorato. Ciò che occorre non sono circoli che si limitano ad essere comitati elettorali di un candidato e che organizzano iniziative esclusivamente a ridosso delle elezioni. Ma sedi in cui il dibattito politico e l’aggregazione delle forze, riabilitino quel concetto sano di politica, abbandonando così le logiche di “accaparramento” di cui  il sistema è diventato saturo.

Se il motore che aziona un partito è il contatto col territorio, è necessario che i circoli siano il mezzo per ripristinare un rapporto di fiducia con le persone. Affinché ciò avvenga serve una gestione trasparente dell’attività dei circoli stessi, alla quale si deve legare una maggiore azione organizzativa dei componenti.

Prima di attribuire le colpe di una sconfitta al neo-segretario, forse sarebbe bene fare un po’ di autocritica nel nostro piccolo e nei nostri circoli.

Eleonora Muzi

Per leggere la lettera di Bersani: http://www.partitodemocratico.it/dettaglio/97572/siamo_in_piedi_ora_acceleriamo

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Nel discorso di Bersani del dopo elezioni, pur tanto criticato da molti esponenti del Pd, vi sono diverse fondamenta di verità. Il segretario del Partito Democratico ha parlato di inversione di tendenza per il suo partito e dati alla mano è difficile dargli torto. Rispetto alle europee dell’anno scorso il Pd ha perso un ulteriore punto percentuale, ma è in calo solamente in 23 delle 80 provincie in cui si sono svolte le elezioni. Su questo 1%, influiscono in maniera decisiva infatti tre dati, senza i quali la crescita sarebbe più vistosa: il crollo del 10% in Calabria; la presenza delle liste civiche, che naturalmente sottraggono alcuni voti al partito più rappresentativo della coalizione; la presenza delle liste dell’Api di Rutelli in alcune regioni, dove ha raccolto all’incirca il 3% dei voti, il che è significato su base nazionale lo 0,5%; voti che provengono da una vera e propria costola del Pd.

Una analisi dettagliata, provincia per provincia, dimostra la crescita del Pd. Crescita a volte minima, a volte non sufficiente per superare il Pdl o la Lega, e solo raramente di ampio respiro. Ma comunque una crescita che indica effettivamente un’inversione di tendenza e che le basi per ripartire con serenità ci sono. L’analisi dimostra però come questa ripresa sia avvenuta a macchia di leopardo ed indica quindi quali sono le zone dove con più urgenza occorre lavorare (e magari cambiare qualcosa e qualcuno) per ripartire.

In Veneto il Pd è fermo esattamente al 20,3% dell’anno scorso. Del tutto stazionaria è la situazione nelle province in cui il Partito democratico ha più difficoltà, ovvero Treviso (18,1%), Verona (16,8%) e Vicenza (17,7%). Un leggero miglioramento si ha a Venezia (+ 0,8%%), la provincia in cui il Pd è più forte (26,6%), e soprattutto a Belluno dove sale di 3,4 punti. Un leggero calo si vede invece a Padova e Rovigo, dove il Pd perde rispettivamente 1,1 e 1,5 punti percentuali.

In Lombardia dove la sconfitta alle regionali è stata pesante e dove il centro-sinistra è da anni in forte difficoltà, la situazione è paradossalmente in via di miglioramento. Il Partito Democratico cresce complessivamente in un anno, passando dal 21,3% al 22,9%. Il dato più importante è che in tutte le 12 province il Pd è in crescita, partendo dal +0,2% di Bergamo e arrivando al +5,8% di Lodi (dove inoltre in contemporanea il centro-sinistra ha vinto le comunali). La provincia in cui il Pd resta più presente è Mantova, col 30,3% (+0,7%), ma buoni risultati sono stati ottenuti anche a Milano e a Cremona, in entrambe al 26,0%.

In Piemonte la sconfitta che ha condannato la Bresso per poche migliaia di voti è da addebitare anche ad una decrescita del Partito Democratico, pasasto dal 24,7% al 23,2.  Cali si sono avuti a Biella (-2,7%), Vercelli (-1,9%) e soprattutto nella roccaforte Torino, unica provincia in cui è prevalso il centrosinistra ma dove il Pd è passato dal 27,6% al 24,1%, segnale d’allarme anche per le comunali previste per il prossimo anno.  Nelle altre 5 circoscrizioni, nonostante a prevalere sia stato il centro-destra, il Pd è comunque in risalita, specialmente a Verbano, dove guadagna in un anno il 3,8%.

In Liguria all’affermazione di Burlando non è corrisposta una grande performance del Pd, che dalle europee ha perso 1,5 punti, passando dal 29,8% al 28,3%. Stazionario ma leggermente in arretramento ad Imperia (-0,5%) e Savona (-0,2%), il Pd ha subito la battuta d’arresto peggiore proprio a Genova, dove registra il 29,8%, ovvero una perdita del 3,0%. Provincia più forte si mantiene invece La Spezia, in cui il Pd guadagna un ulteriore punto percentuale rispetto 34,7 delle europee.

Dell’Emilia-Romagna, già su questo blog si è notato un arretramento del centro-sinistra, arretramento preoccupante per l’opposizione data la tradizione emiliana. Ciò nonostante, il Pd dopo il calo delle europee è di nuovo in crescita, passando a livello regionale dal 38,9% al 40,%. Il dato più confortante per il partito di Bersani è che questa crescita riguarda tutte le province. Esclusa la battuta d’arresto a Ferrara (-0,1%), in tutte le altre circoscrizioni il Pd segna una crescita di almeno un punto percentuale. La più importante risalita si ha proprio nell’unica provincia in cui è prevalso il centro-destra, Piacenza, dove il Pd ha recuperato 4,8 punti percentuali, registrando il 30,3%, percentuale che resta però la più bassa. La circoscrizione più “rossa” si conferma Reggio Emilia, dove il Pd ottiene il 45,8% ed un sostanzioso +2,6%.

Il Pd è in crescita anche nelle Marche, dove si attesta sul31,1%, percentuale in rialzo dell’1,2%, nonostante la presenza dell’Api che ha guadagnato il 2,0%. Questo sviluppo non è però omogeneo. Perdite, anche sostanziose, si registrano ad Ancona (-2,5%) e Macerata (-2,4%), dove inoltre il 22,9% conferma la debolezza del Partito Democratico. Una battuta d’arresto si ha nella provincia dove il Pd è più forte, quella di Pesaro ed Urbino (33,7%, ovvero un -0,3%); crescite positive si hanno invece ad Ascoli (+2,6%) e Fermo (+2,8%).

Più rosea è la situazione in Toscana, dove il centro-sinistra ha vinto con facilità e dove il Pd avanza del 3,5%. Avanzamento peraltro omogeneo in tutte le circoscrizioni, con la punta più bassa a Prato (+2,1%) e quella più alta a Grosseto (+5,9%). Punta di diamante per il Pd resta Siena col suo 50,3%, dove peraltro si registra una crescita del 4,8%.

Buono lo stato del Pd anche in Umbria, ed anche veloce da sintetizzare. In un anno torna a superare il Pdl e si attesta al 36,1%, con un avanzamento del 2,2%, più accentuato a Terni (+3,1%) che a Perugia (+1,9%).

Nel Lazio il centro-sinistra ha perso con uno scarto minimo, ma il Pd appare in difficoltà, con una decrescita dell’1,9%. Al pari del Piemonte, nel Lazio il centro-sinistra ha avuto un ottimo risultato nel centro più importante, Roma, ma ha perso nelle restanti province. Nonostante la vittoria nella circoscrizione romana, il Pd è passato dal 30,2% delle europee al 27,7%; protagonista di questo scivolamento è proprio la capitale, dove il Partito Democratico ottiene appena il 27,8% segnando un -3,8%. Fortemente negativo anche il calo a Frosinone (-4,2%), mentre è più attenuato a Rieti (-1,7%). Il Pd ottiene un avanzamento paradossalmente proprio a Latina, città storicamente di destra (per non dire fascista), salendo dal 19,8% al 20,4%. La nota più lieta è comunque Viterbo dove dopo il 26,5% dell’anno scorso, il Pd si attesta al 31,5%.

In Campania il centro-sinistra ha subito una sconfitta netta ed il Pd perde ulteriori consensi rispetto alle europee (dal 23,4 al 21,4); calo dovuto però anche alla presenza della lista dell’Api che guadagna un discreto 3,0%.  La discesa si ha ad Avellino (-1,0%), Caserta (-3,9%) e Napoli (-2,8%), ma la differenza sembra dettata proprio dai voti ottenuti dal partito di Rutelli. Il partito di Bersani è invece in risalita a Benevento (+2,8%) nonostante il 6,1% di preferenze andate all’Api, e a Salerno (+5,00%) dove però il Pd si giova del grande effetto De Luca (sconfitto ma in grado di raccogliere il 72,5% nella sua città).

A dispetto della vittoria di Vendola, il Pd è in leggero arretramento in Puglia (-1,0%). Arresto dovuto probabilmente proprio alle divisioni interne nel partito in occasione della scelta del nome del governatore. Le circoscrizioni dove il Pd arretra sono Bari (-2,1%), e forse non è un caso dato il latente scontro tra Emiliano e Vendola, e Lecce, dove perde il 2,5%. Nelle altre province  il Pd registra invece un contenuto avanzamento: 0,2 a Foggia, 0,9 a Brindisi, 1,4 a Barletta-Andria-Trani (la quale resta la provincia peggiore per il Pd, col 17,9%) e 1,8 a Taranto.

In Basilicata il centro-sinistra vince con un ampio margine, ma il Pd non ottiene una grandissima affermazione, registrando il 29,5% a Matera (un 1% in più rispetto all’anno scorso) e il 25,9% a Potenza (dove perde addirittura il 3,8%). Anche in questa regione gioca però un ruolo importante l’Api che si attesta al 4,0%.

In Calabria alla durissima sconfitta di Loiero corrisponde un collasso per il Pd. Come già detto nelle prime righe di questo articolo, la Calabria rappresenta infatti il colpo più duro per lo schieramento guidato da Bersani, che in un anno perde addirittura il 9,6%. Il crollo è omogeneo in tutte le circoscrizioni, tanto che il risultato migliore viene da Crotone, dove il Pd passa dal 22,9% al 17,7%. Disastrosi i risultati registrati a Reggio Calabria (12,7%, ovvero un calo del 13%) e a Vibo Valentia (dal 33,7% al 16,7%).

Diego Gavini

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I dati totali ed ufficiali, relativi al risultato elettorale conseguito nei singoli municipi non sono ancora stati resi noti dal Comune. I dati diramati riguardano per il momento solo il 50% delle sezioni elettorali. Percentuale comunque sufficientemente alta per pensare che vi siano grandi variazioni.

Ciò che emerge è che il centrosinistra, dopo aver perso le elezioni comunali di due anni fa per il palese errore della candidatura di Rutelli, è tornato ad imporsi sul centrodestra. Il Pd, assieme ai suoi alleati, prevale infatti in 18 municipi su 20, lasciando ai rivali solo l’ottavo municipio ed il ventesimo.

Il X municipio, storicamente di sinistra, si conferma tale. Abbiamo riportato i risultati (sempre del 50% delle sezioni) ottenuti dai candidati e dai singoli partiti nel file: elezioni x municipio.

Come appena affermato, il centrosinistra si conferma coalizione di maggioranza con la Bonino che supera di ben 12 punti percentuali la Polverini. La candidata della Rete dei Cittadini, al pari di quanto accade nel resto di Roma e della regione, si ferma ad un esiguo 6,5%.

Nonostante questo successo, almeno a livello territoriale, il Pd deve però interrogarsi. In primo luogo vi è un’affluenza alle urne che crollata incredibilmente dall’80% delle politiche del 2008 al 57% delle europee dell’anno passato, continua a calare. In secondo luogo il Partito Democratico perde in due anni ben il 14% dei voti, gran parte dei quali raccolti dall’Idv, il restante probabilmente perso in questa tornata fra la lista civica della Bonino e i Radicali, in crescita nel Lazio grazie alla candidatura della Bonino. Forte calo che ha poi comportato, l’anno scorso, il sorpasso da parte del Pdl, indice (insieme alla crescita dell’Idv) che il lavoro del Pd a livello territoriale non ha funzionato nel migliore dei modi.

Analizzare il voto a destra è leggermente più complicato per la mancanza della lista del Pdl, perché occorre capire in che percentuale l’elettorato di centrodestra non è andato a votare. A mio avviso però, l’astensionismo ha colpito in maniera trasversale i due schieramenti, non incidendo dunque in maniera percentualmente rilevante sul partito di Berlusconi. La dimostrazione è evidentemente nella lista civica di Renata Polverini che ha guadagnato il 30,09%, assorbendo quasi del tutto il voto degli elettori del Pdl. L’ipotizzabile 3-4% mancante, non si è spalmato in maniera omogenea fra gli altri partiti, se guardiamo come l’Udc rimanga stabile rispetto all’anno scorso, e quanto poco siano state premiate liste come l’Udeur o quella di Sgarbi. L’unico partito che sembra aver invece benificiato dell’esclusione di Berlusconi è La Destra di Storace, che dopo la discesa allo 0,8% di un anno fa, è risalita al 4,3%.

Diego Gavini

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Per vedere i dati della tornata elettorale calabrese, cliccate: elezioni calabria

Come si era previsto, in Calabria ha prevalso facilmente il candidato del centrodestra Scopelliti, che ha battuto il presidente uscente, Loiero, con un netto 57% a 32%. Sicuramente la Calabria, fra le regioni governate precedentemente dal centrosinistra, ha rappresentato le massime difficoltà. La coalizione si è divisa, tanto che l’Italia dei Valori, assieme ai Radicali, ha presentato un proprio candidato, il quale ha raccolto il 10% dei consensi.

Un’amministrazione che in cinque anni è stata non all’altezza, una divisione nel campo del centrosinistra, hanno prodotto una vera disfatta, cominciando dal Pd, che ha raccolto un misero 15,8%, passando dall’Idv, Sel e Rifondazione, rispettivamente in calo in un anno di 3,7 punti, 2, e 2,7.

Tale erosione ha così favorito un Pdl che, nonostante tutto è apparso in forte difficoltà. Se l’Udc, in questa regione alleata col partito di Berlusconi, ha confermato un ottimo andamento, il Pdl ha perso dalle europee dell’anno scorso l’8%. 

L’altissimo astensionismo (l’affluenza non ha raggiunto il 60%) e il passaggio di molti voti del Pd e del Pdl alle liste civiche dei due candidati presidente, hanno segnato, al pari della Puglia, una forte difficoltà dei grandi partiti di recepire il sentire delle persone. 

Per una più precisa visione del risultato elettorale, potete consultare: http://www.repubblica.it/static/speciale/2010/elezioni/regionali/calabria.html#risultati

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Per leggere i dati relativi all’esito delle urne in Puglia: elezioni puglia

Le elezioni pugliesi sono state fra le più poste sotto i riflettori. A creare quest’attenzione diversi motivi. Il primo, era evidentemente Vendola, personaggio assolutamente emergente nel panorama del centrosinistra, in grado di porsi contro l’establishment del Pd e batterlo con il ricorso alle primarie. Caso che ha creato molto scompiglio nel mondo della sinistra, ma che poi è riuscito a rientrare. Il secondo motivo erano gli avversari di Vendola. L’Udc, non avendo trovato l’accordo col Pd, ha deciso di correre da sola, proponendo un personaggio anche forte come la Poli Bortone, ex sindaco di Lecce. Berlusconi ha tentato di riavvicinarsi al partito di Casini, ma Fitto, ex governatore pugliese, si è messo completamente in gioco con un suo candidato, Palese, assicurando il premier che ce l’avrebbe fatta da solo.

Non è andata così, anche se di poco. Vendola ha battuto con un certo margine Palese, 6,5 punti percentuali, ma l’8,7% della Poli Bortone rende lecito chiedersi cosa sarebbe successo se Fitto non si fosse messo in mezzo. La storia però non si fa con i sé, e soprattutto in politica è difficile dire che 1+1 fa 2. Vendola ha così confermato la sua presidenza, riportando alla vittoria un centrosinistra che dopo le elezioni politiche era in grande difficoltà in Puglia. Basti notare che alle europee, unendo i voti di Pd, Idv, Sinistra e Libertà e Rifondazione, non si arrivava a quelli del Pdl. Senza contare poi l’Udc sopra il 9%.

A pagare questa campagna elettorale contorta, sono stati principalmente i partiti. Il Pd ha perso un altro punto percentuale, l’Idv il 2,5%, l’Udc il 2,6%, fino al tracollo di 12 punti del Pdl. Una grossa fetta dunque dell’elettorato che si è riversato in parte, ovviamente, su Sinistra e Libertà, dall’altro sulle liste civiche dei due presidenti.

Se a ciò si aggiunge la bassa affluenza alle urne, si deduce facilmente che sono i partiti i principali sconfitti di questa tornata pugliese, anche se fra questi è il Pdl a pagare il prezzo nettamente maggiore.

Per consultare tutti i dati sull’elezione  pugliese:  http://www.repubblica.it/static/speciale/2010/elezioni/regionali/puglia.html#risultati

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Per leggere i dati relativi ai risultati in Basilicata abbiamo preparato il file: elezioni basilicata

Come Marche ed Umbria, la vittoria del centrosinistra era data per scontata in Basilicata, ma anche qui occorreva vedere come il Pd e i suoi alleati avrebbero tenuto dopo le elezioni politiche del 2008 che avevano visto una grande crescita del Pdl e dopo le europee del 2009, in cui il Pd era stato superato dal Pdl. Alla fine anche in Basilicata, l’esito delle elezioni è stato molto positivo per il centrosinistra. Il Pd continua ad essere in leggero calo, ma non si può non tener conto del 4% raggiunto dall’Api, nato da una costola del Pd. Al contempo si ha una netta crescita dell’Idv, salito dal 5,3% dell’anno scorso al 9,9%. In apparenza gran parte di questa crescita è da addebitarsi al calo di Rifondazione e Sinistra e Libertà. Il nodo per il Pd può dunque essere il dover capire perché questa parte dell’elettorato si è spostato verso Di Pietro e non verso se stesso.

Nota positiva per il Pd è poi l’alleanza allargata da Rifondazione all’Udc, che ha portato all’elezione di De Filippo con un largo 60%.

Ultima annotazione è che il Pdl subisce in Basilicata il calo più vistoso di questa tornata, passando dal 33,5% al 19,4%. 

Per tutte le informazioni statistiche sull’elezione in Basilicata: http://regionali.interno.it/regionali/regio100328/R17.htm

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Per visualizzare i dati della tornata campana: elezioni campania

Sconfitta annunciata quella in Campania per il centrosinistra, dopo 10 anni di gestione di Bassolino. Ciò nonostante, difficile da digerire, visto lo scarto dell’11% fra Caldoro e De Luca.

La scelta tanto travagliata di De Luca (che ha portato Rifondazione a candidare Paolo Ferrero in maniera autonoma), nemico acerrimo di Bassolino e  personalità molto forte e spesso in controtendenza, ha in parte pagato. Nella lettura dei dati si può infatti notare un 4% di voto disgiunto a favore di De Luca. I primi a pagare sono stati dunque proprio i partiti della coalizione di centrosinistra. Il Pd non è riuscito a risorgere dopo il tracollo delle elezioni europee, anzi è continuato a calare, anche se al contempo occorre tener conto che i voti persi sono principalmente quelli dell’Api di Rutelli. L’Italia dei Valori ha perso 2,5 punti percentuali rispetto all’anno scorso, Sinistra e Libertà l’1%, Rifondazione il 2,3%. Occorre quindi un ripensamento generale della politica del centrosinistra in Campania.

La situazione nel centrodestra è ovviamente diversa, ma non è tanto il Pdl ad avvantaggiarsene. Dopo lo scarso 22% di cinque anni fa (ovviamente diviso fra Forza Italia e Alleanza Nazionale), aveva visto un aumento colossale alle politiche del 2008 col 48%, voto poi sostanzialmente confermato dal 43,5% delle europee. In questa tornata invece il Pdl, in linea con la tendenza nazionale, cala di più di 10 punti percentuali. A raccogliere questi voti, l’Udc, tradizionalmente forte in Campania, ma ora in crescita, e tutti quei partiti di chiara ispirazione democristiana, come l’Udeur, l’Alleanza di Centro, la nuova Democrazia Cristiana, piccoli partiti di notabili che recuperano una tradizione sicuramente poco gradevole di penetrazione nei piccoli centri, e che portano alla rielettura di personaggi come la tristemente celebre lady Mastella.

Per visualizzare tutti i particolari sui risultati elettorali, rinviamo al sito: http://regionali.interno.it/regionali/regio100328/R15.htm

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Per la lettura dei dati riguardanti le elezioni umbre, potete aprire: elezioni umbria

Estremamente simile al caso marchigiano, è quello umbro, ma qui la vittoria del centrosinistra è ancor più schiacciante e più confortante per il Pd e i suoi alleati. Al pari delle Marche, l’Umbria è considerata una zona rossa, dove però nelle ultime elezioni europee il Pd aveva subito un tracollo del 10% ed era stato superato dal Pdl.

Molti sono invece gli elementi positivi che emergono da questa tornata elettorale. La candidata del centrosinistra, Catiuscia Marini, ha vinto con un ampio divario di 20 punti percentuali. Il Pd è tornato ad essere il primo partito col 36,1%, di fronte ad un calo del Pdl del 3%. In generale è però tutto il centrosinistra in crescita. L’Idv in un anno ha aumentato il suo consenso del 3%. Sinistra e Libertà si è assestata al 3%, ma di fronte a quella che è ormai praticamente un’anomalia, ovvero una Federazione della Sinistra che sfiora il 7%. Il tutto in un calo contenuto dell’astensionismo. L’affluenza è stata sì bassa, ma con una media del 65,3%, superiore dunque a quella nazionale. Per chiudere, anche in Umbria suona però il campanello d’allarme della Lega Nord, che molto lontana dalla Padania riesce a raccogliere il 4,3%, più che raddoppiando in due anni i suoi voti.

Per leggere ogni aspetto statistico del voto umbro: http://regionali.interno.it/regionali/regio100328/R10.htm

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Per studiare l’esito delle votazioni nelle Marche, aprite: elezioni marche

Alla vigilia delle elezioni, si prevedeva una facile vittoria del centrosinistra nelle Marche, e così è stato. Il presidente uscente Spacca è stato confermato col 53% dei voti, contro il 39,7% di Marinelli. In questa regione peraltro il centrosinistra non si è presentato unito: il Pd e l’Idv si sono alleati con l’Udc, mentre la Federazione della Sinistra e Sinistra e Libertà hanno presentato un loro candidato Rossi, che ha raccolto il 7,1%.

Nonostante questo divario annunciato fra centrosinistra e centrodestra, vi potevano essere dei dubbi sulla tenuta dei partiti di sinistra. Dopo facili affermazioni alle regionali del 2005 e alle politiche del 2008, il Pd è stato infatti superato alle europee dell’anno scorso di 4 punti percentuali dal Pdl, mentre la Lega era salita al 5%. Se il partito di Bossi ha confermato questa ascesa, il Pd può dire di aver effettivamente avviato un’inversione di tendenza, essendo tornato a superare il 30%, pareggiando i conti col Pdl, nonostante un’ottima tenuta dell’Idv al 9%. Partito che aveva probabilmente raddoppiato l’anno scorso i suoi voti, proprio sottraendoli al Pd.

Per la destra (esclusa come al solito la Lega) le elezioni nelle Marche segnano dunque una battuta d’arresto, anzi un arretramento. Molto meglio il Pd che ha registrato, come in diverse altre regioni, un aumento del consenso. Partito Democratico che deve però migliorare la propria politica delle alleanze, non essendo riuscito a creare in questa regione quell’unità dall’Udc alla sinistra radicale.

Per un maggior approfondimento dei dati sui risultati marchigiani: http://www.repubblica.it/static/speciale/2010/elezioni/regionali/marche.html#risultati

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Per visualizzare i risultati del voto: elezioni toscana

L’esito del voto della Toscana, roccaforte della sinistra insieme all’Emilia, può lasciare più tranquilli i dirigenti del centrosinistra rispetto al caso emiliano. Il presidente uscente Enrico Rossi, è stato confermato col 59,7% dei voti. In nessuna delle circoscrizioni toscane il centrodestra è riuscito a prevalere sul centrosinistra: il miglior risultato per la Faenzi è stato infatti il 42% di Lucca, mentre in città come Firenze, Siena e Livorno, Rossi si è imposto con ben più del 60% dei voti. Altri risultati confortanti per il centrosinistra, sono il ritorno del Pd ad una percentuale superiore al 40%, la crescita dell’Idv al 9% e la tenuta, caso del tutto particolare in questa tornata, della Federazione della Sinistra al 5,2%. Il dato più preoccupante per la stessa sinistra viene invece dall’astensionismo che segna un record negativo del 39%. Altro allarme è poi quello della Lega Nord, che registra il 6,4% delle preferenze, mentre si conferma la generale tendenza alla discesa del Pdl che torna a calare sotto il 30%. 

Per vedere i dati più approfonditi della tornata toscana: http://www.repubblica.it/static/speciale/2010/elezioni/regionali/toscana.html#risultati

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