C’è chi fa politica perché crede che sia il modo migliore per favorire il bene comune e chi la fa perché vi vede il modo migliore per avere un tornaconto personale; poi c’è chi la fa e si vede lontano un miglio che sarebbe meglio se cambiasse mestiere, mentre altri la fanno solo per stravaganti manie di grandezza. Quel che è certo è che in molte facce si legge facilmente il motivo per cui sono in politica: in alcune c’è perfidia, in altre un’infinita stupidità, in altre ancora un’esorbitante arroganza. Ma soprattutto in troppe facce si vede come anni di eccessivo contatto col potere riescano a cambiare i lineamenti del viso, ad incattivire gli occhi, a ingrassare le guance per l’eccessivo benessere.
Questa classifica dei peggiori volti della politica non è una graduatoria estetica, non vuole giudicare i belli e i brutti che stanno al potere. E’ una classifica sui politici che al solo guardarli in faccia riescono a suscitare i peggiori sentimenti di riprovazione. Prima di iniziare questa nostra personale graduatoria avvertiamo che abbiamo raggruppato questi personaggi in gruppi perché spesso far parte dello stesso ambiente muta darwinianamente i lineamenti di esemplari simili tra di loro…
16°) I “difensori” dei diritti civili: Paola Concia e Cristiana Licata (PD)
Senza dubbio le due più combattenti nel Pd sui diritti civili. A tematiche condivisibili corrispondono metodi che però non lo sono affatto. Ma soprattutto, la loro battaglia sui diritti civili è così ampia che si sono elevate anche a tutelatrici delle manifestazioni neofasciste…quando si dice perdere la bussola.
15°) Le donne ministro: Maria Stella Gelmini, Michela Brambilla, Mara Carfagna (Pdl)
Eccole le donne preferite da Berlusconi. Giovani e belle, quindi in linea con i requisiti minimi per diventare ministro. La Gelmini è passata dall’essere sfiduciata nel consiglio comunale di Desenzano del Garda per inoperosità a volerci spiegare come funziona l’istruzione: se lasciasse il posto alla sorella, che almeno è insegnante, sicuramente farebbe meno danni. La Brambilla fino al 2006 non era nessuno; poi si è inventata i Circoli della Libertà e ha battuto qualunque altra donna in quanto a capacità di venerare l’imperatore, da cui la giusta ricompensa di ministro del turismo. Infine la Carfagna: a questo punto ci potrebbero essere obiezioni, per il fatto che si tratta oggettivamente di una bella donna e che dal suo volto non si notano i danni della politica (tranne che dagli occhi un po’ spiritati). Ma il solo pensiero che sia passata direttamente dai calendari alla poltrona di ministro è uno degli schiaffi più duri a chi pensa ancora che la politica possa essere una cosa seria.
14°) I vecchi radicali: Emma Bonino e Marco Pannella
Da decenni insieme, i due storici leader dei Radicali sono due classici esempi di volti incartapecoriti a forza di dire sempre le stesse cose e di dirle con lo stesso inutile atteggiamento di sentirsi più puri degli altri.
13°) I popolari doc del Pd: Lucio d’Ubaldo e Giuseppe Fioroni
Dal Partito Popolare provengono politici di tutto rispetto come Rosy Bindi e Enrico Letta, per fare solo due esempi. Ma poi anche personaggi come D’Ubaldo e Fioroni. Il primo sarebbe da bocciare solo per essere il perfetto sosia di Craxi, il secondo per quella sua rotondità che in un politico spesso significa pensare prima a mangiare e poi a darsi da fare per gli altri. Ma soprattutto negli occhi di tutti e due c’è quel luccichio dei peggiori democristiani, quelli che, quando vedevano un tavolo, la prima cosa a cui pensavano era come spartirsi le poltrone.
12°) Quelli che si dimettono ma poi restano: Guido Bertolaso e Raffaele Fitto
Del primo si potrebbe pensare che non è un politico, ma bisogna ricordarsi che si tratta di un sottosegretario alla presidenza del consiglio. Il secondo, dalla faccia in apparenza di bravo ragazzo, è ministro agli affari regionali e uomo di riferimento per il Pdl pugliese. Insieme sono coinvolti in così tanti processi da fare invidia a criminali di più alto rango. Ma soprattutto condividono il fatto che, entrambi, quando sono stati un po’ travolti dalle bufere hanno presentato le loro dimissioni: ma entrambi se le sono viste respinte. E ora continuano a sedere allegramente nelle loro poltrone con quella serenità in volto di chi se l’è vista brutta ma che ora può continuare a gustarsi in pace un po’ di potere.
11°) I difensori della civiltà cristiana: Lorenzo Cesa, Paola Binetti, Carlo Giovanardi, Dorina Bianchi e Francesco Rutelli
E’ un gruppo estremamente eterogeneo ma accomunato da un paio di caratteristiche. La prima è la loro carriera politica riassumibile nel motto: andiamo dove tira il vento. Tranne Cesa infatti, costante nelle fila dell’Udc, tanto da esserne segretario, abbiamo interessanti itinerari politici. Paola Binetti, proveniente dalla Margherita è oggi nell’Udc dopo essersi resa conto che il Pd è anche un po’ un partito di sinistra con qualche valore laico. Giovanardi ha attraversato tutta l’esperienza centrista per poi fare il salto nelle braccia di Berlusconi. Dorina Bianchi ha compiuto attraversamenti spettacolari nell’arco parlamentare: Pdl, Pd e ora Udc. Il bel Rutelli è invece un maestro in questo genere: Radicali-Verdi-Margherita-Pd-Api. La seconda caratteristica comune è poi il loro spirito di crociata a favore della cattolicità: prima la Chiesa e poi lo Stato. Una tale intransigenza che gli permette di muoversi fra un partito e l’altro senza problemi. Se li guardiamo in volto possiamo leggere la loro tristezza di non essere nati nel medioevo, fra crociate e caccia alle streghe: ora stanno tentando di rimediare con qualche secolo di ritardo.
10°) I lumbard: Roberto Formigoni e Letizia Brichetto Arnalboldi in Moratti (Pdl)
Rispettivamente governatore della Lombardia e sindaco di Milano. Formigoni, esponente di Comunione e Liberazione, appare molto più a suo agio con giacca di pelle e barba volutamente incolta che con liste elettorali e quant’altro, è a metà fra la tipica spocchia milanese e il classico play-boy di provincia che non vuole invecchiare. Letizia Moratti dovrebbe rientrare in questa classifica solo per il nome originale, ma ha guadaganto il suo posto d’onore passando a far danni dalla pubblica istruzione al comune di Milano mantenendo però sempre la stessa espressione di impassibile stupidità.
9°) I fascisti: Ignazio La Russa e Gianni Alemanno (Pdl)
Il ministro della difesa La Russa e il sindaco di Roma Alemanno sono due ex missini passati velocemente al soldo di Berlusconi. Anche se tentano di fare i simpatici in televisione è possibile notare come solo con difficoltà trattengano il tendersi del braccio destro. Mussolini sicuramente li avrebbe promossi sul campo suoi fedeli gerarchi. A questo importante curriculum occorre aggiungere anche i tratti satanici di Ignazio e il progressivo irrigidimento di quelli di Gianni.
8°) Quelli che dove stanno stanno hanno sempre la stessa faccia: Sandro Bondi, Italo Bocchino e Clemente Mastella
Eccoci di nuovo di fronte a un gruppo eterogeneo che in apparenza non ha nulla in comune: Bondi e Bocchino sono nel Pdl, ma uno è un fedele berlusconiano e l’altro un finiano doc, mentre Mastella è il leader dell’Udeur. Ma a ben vedere hanno un tratto che in assoluto li accomuna: la capacità di avere sempre la stessa faccia a prescindere da quello che dicono. Bondi, al cui solo pensiero di toccargli la pelle c’è da sentirsi male, è un ex comunista che ora sembra passare la vita a scrivere poesie per il suo amore, Berlusconi. Bocchino ha sempre la faccia più arrogante di tutto il parlamento, sia quando difendeva a spada tratta Berlusconi sia ora che si eleva a suo grande critico. Mastella, da buon democristiano, riesce a passare da un fronte politico all’altro con la stessa tranquillità di chi passa dal bagno alla camera: a ogni passaggio però il volto si ingrassa a forza di “mangiare”.
7°) I ministri socialisti: Renato Brunetta, Maurizio Sacconi e Giulio Tremonti (Pdl)
Queste tre figure sono fra le più importanti all’interno dell’attuale governo. Tutti e tre provengono dal Partito socialista. L’apparente contraddizione di come sia possibile che un socialista stia con Berlusconi è facilmente spiegabile visto quello che era diventato il partito socialista con Craxi: un modo per prendersi pezzi di stato. Quindi niente di strano nel passaggio da Craxi a Berlusconi. Tutti e tre sono poi soggetti assolutamente originali. Brunetta, il ministro-poket che si crede Napoleone, l’iracondo, colui che riesce a contenere in un mini-corpo l’ego più vasto del mondo, il fannullone che attacca i fannulloni (chiedere a Tor Vergata dove Brunetta sarebbe professore, ma nessuno lo vede da anni). Poi c’è Sacconi l’uomo che con tutta la calma del mondo parla dell’abuso di Pomigliano d’Arco come di una riforma del lavoro e poi corre a venerare la tomba di Craxi. Infine Giulio Tremonti, il padrone dell’economia, colui che si autoelogia il salvatore del bilancio italiano e intanto vara lo scudo fiscale oppure una manovra che toglie ai ceti medio-bassi e fa ridere i ricchi.
6°) I siciliani: Raffaele Lombardo, Renato Schifani e Totò Cuffaro
Il primo è il leader dell’Mpa e governatore della Sicilia, il secondo uomo vicinissimo a Berlusconi e presidente del Senato (peraltro con percentuali di presenza bassissime), il terzo ex governatore siciliano e oggi senatore (peraltro dopo la condanna in appello per favoreggiamento a Cosa nostra si è dimesso da ogni incarico dall’Udc pur rimanendo al Senato, nonostante l’interdizione dai pubblici uffici). Parole per descriverli non sono molto necessarie. Limitiamoci alla forza delle immagini e guardiamoli bene. Poi possiamo anche domandarci che una bellissima terra come la Sicilia sia in grado di produrre tutto ciò.
5°) I capigruppo: Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri (Pdl)
Il primo è capogruppo del Pdl alla Camera, il secondo al Senato. Uno viene dal Partito Socialista, l’altro da An, ma ora sono due intimi di Berlusconi. Ricoprire due ruoli tra loro simili li sta facendo assomigliare sempre di più. Per averne una controprova basta avere il coraggio di accendere la tv e guardare il Tg1: li troverete sempre lì, arroganti come non mai a dire sempre le stesse cose come due macchinette.
4°) I portavoce: Paolo Bonaiuti e Daniele Capezzone (Pdl)
Bonaiuti è il portavoce di Berlusconi, Capezzone quello del Pdl. Il discorso fatto per Cicchitto e Gasparri vale in gran parte anche in questo caso: la differenza è la sottile capacità di risultare ancora più irritanti dei due sopraccitati, il che equivale a una vera impresa. Ancora più fenomenale Capezzone che, dopo essere stato il delfino di Pannella ha fatto un rivoltone politico degno di nota, passando dalla Rosa nel Pugno per poi approdare nel Pdl. Probabilmente è proprio per farsi perdonare le sue origini che tenta in ogni maniera di dimostrarsi il pidiellino più accanito.
3°) I difensori della legge: Angelino Alfano e Niccolò Ghedini (Pdl)
I due uomini più cari a Berlusconi: il primo è quello che ha il compito di reinventare la legge per evitare al capo tutti i suoi guai legali; il secondo (in tutto e per tutto uguale a Lurch, il maggiordomo della famiglia Addams) è il suo avvocato, mestiere che continua a svolgere dai banchi del parlamento, e il padre della famigerata espressione: “l’utilizzatore finale”. Assolutamente tra le figure più inquietanti del panorama politico nostrano, con il loro sguardo torvo che sembra uscito direttamente da un film dell’horror. Se solo riuscite ad immaginare di andare a cena con due facce simili avete uno stomaco di ferro.
2°) I leghisti: Umberto Bossi, Roberto Cota, Roberto Calderoli, Mario Borghezio e Renzo Bossi
La Lega Nord ricopre sicuramente un ruolo di primo piano nell’arco parlamentare: non riesce ad annoverare fra i suoi esponenti un solo personaggio decentemente discreto o che riesca ad apparire almeno per un attimo simpatico. Quasi come se l’antipatia congenita sia fra i requisiti minimi per accedere nel partito. Ma i quattro personaggi presi in considerazione sono senza dubbio il non plus ultra del peggio che il partito padano riesce ad esprimere. Il posto d’onore tocca a Bossi, l’iracondo secessionista fondatore della Lega, il capo-barbaro. Calderoli è invece colui che, come ha ipotizzato Benigni, “ciò che noi umani non risuciamo neanche ad immaginare”. Giovane ma promettente il governatore Cota, che all’irritazione naturale che suscita il suo sguardo riesce ad unire la voce più fastidiosa nell’intero arco politico. Poi l’esaltato Borghezio, colui che, prima di definire gli immigrati “bastardi islamici da prendere a calci in culo”, sembra aver fatto il bagno in mezzo a una frittura. Come non chiudere però con Bossi jr., la “trota”: se le premesse per il futuro sono queste stiamo a posto.
1°) Il cavaliere e i suoi scudieri: Silvio Berlusconi, Marcello dell’Utri e Gianni Letta (Pdl)
Eccoci arrivati alla triade d’eccellenza. Su Berlusconi bisognerebbe scrivere libri e libri per essere esaurienti, ma basta dire come nel suo volto sono condensati tutti i mali della politica italiana. Allo stesso tempo non bisogna però dimenticare le due menti politiche alle sue spalle: Marcello dell’Utri, ideatore di Forza Italia, colui che, come egli stesso ha dichiarato, si è fatto eleggere per cercare di non avere guai con la giustizia e Gianni Letta, colui che dietro le quinte risolve tutti i problemi di Berlusconi, specialmente presso la Santa Sede. Una triade agghiacciante.
Diego Gavini