Fonte: unileftorvergata.wordpress.com
Chi oggi ha sfogliato il Corriere della Sera o ha dato un’occhiata al suo sito, ha potuto leggere un editoriale di Angelo Panebianco sulla riforma universitaria, dal titolo: “L’università dimenticata”. La lettura delle prime righe appare incoraggiante: “Il governo e la sua maggioranza, o ciò che ne resta, accumulano autogol“, scrive Panebianco. Ancora un paio di frasi invece, e si comincia ad essere dubbiosi. Continua infatti l’editoriale: “Adesso, la maggioranza è anche decisa a giocarsi credibilità e aperture di credito faticosamente ottenute, grazie al lavoro dei ministri migliori, presso settori qualificati dell’opinione pubblica.”. E ci si chiede: ma di cosa sta parlando Panebianco? Ed ecco la sorpresa: della riforma universitaria e del suo “probabile affossamento“.
In pratica Panebianco, dopo aver esaltato la Gelmini come uno dei migliori ministri di questo governo (è vero che ci vuole poco ad essere sopra la media, dati i nostri ministri, ma indicare Mariastella come uno dei migliori è già chiaro segno di capire poco di politica) si rammarica del procrastinamento della discussione sul ddl Gelmini alla Camera. Come ci racconta infatti il giornalista del Corriere, con la situazione politica che si è creata, rimandare è un rischio, perché il governo potrebbe cadere da un giorno all’altro. E se cadesse, la riforma finirebbe in un nulla di fatto. Tale evento, che suscita le speranze di ogni studente sano di mente, è invece additato da Panebianco come un grandissimo rischio, perché: “La riforma del ministro Mariastella Gelmini è un ambizioso tentativo di ridare slancio all’istruzione superiore. Non è perfetta. Ci sono anche cose che non convincono. Ma è sicuramente il frutto di uno sforzo encomiabile di affrontare di petto i problemi dell’Università“.
Ovviamente Panebianco non indica quali sono le qualità di questa tanto esaltata riforma. Non spiega come è possibile migliorare l’università mortificando la ricerca, uccidendo la democrazia interna, lasciando mano libera ai rettori di portare chiunque voglia nei consigli di amministrazione. Non spiega come questa riforma, unita ai tagli di Tremonti, possa garantire la libertà e la qualità dell’università pubblica.
Ed è ovvio che Panebianco non spieghi tutto questo. Per il semplice motivo che non può essere spiegato. Qui nessuno difende l’esistente, ma anche un bambino di tre anni è in grado di capire che questa riforma è la pistola puntata al cuore dell’università pubblica. Oltre la demagogia (“Chi la rifiuta in blocco lo fa per faziosità ideologica“, “Molti, però, fra gli universitari, si rendono conto che il provvedimento è indispensabile”) l’editoriale non ci dice quindi niente. Anzi, esalta il “merito della Gelmini e del suo lavoro“, si schiera con ”quei rettori che avevano dato fiducia alla Gelmini“. E, ripeto, lo fa senza spiegare quali siano i meriti della Gelmini, senza dirci che cosa di questa riforma è tanto convincente.
Ma si sa, il 90% dell’informazione oggi non si preoccupa più di spiegare. Dà giudizi di parte, senza neanche preoccuparsi di dare forza alle proprie tesi, gioca a chi la spara più grossa: l’importante è far colpo sul padrone. Minzolini docet.
Pochi mesi fa, in una querelle che ha fatto abbastanza rumore, Eugenio Scalfari disse al direttore del Corriere, Ferruccio De Bortoli, parafrasando Manzoni: “chi non ha coraggio non se lo può dare”.
Probabilmente questa mancanza è abbastanza comune dalle parti del Corriere, quindi Panebianco non ti preoccupare: sei in buona compagnia.
Diego Gavini
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