In questi giorni stiamo assistendo ad una campagna mediatica di primo ordine portata avanti dai giornali della destra contro Fini. Non voglio entrare nel merito delle accuse rivolte all’ormai nemico di Berlusconi, né attaccarlo né difenderlo. In questo caso quello che è più importante notare è un altro fattore, ovvero l’ennesima dimostrazione del bassissimo livello dell’informazione in Italia.
A mio avviso un riscontro importante per verificare il grado di democrazia in un paese è il livello qualitativo del mondo dell’informazione. Le campagne portate periodicamente avanti da giornali come “Il giornale” e “Libero”, dimostrano come sia bassa la qualità dell’informazione e quindi della democrazia.
La campagna anti-Fini cosa ci dimostra infatti? Un buon giornalismo? La capacità di rintracciare una notizia scottante e portare avanti una battaglia? No, direi proprio di no. Quello che è evidente è piuttosto la capacità di strumentalizzare una notizia ai propri fini. Una strumentalizzazione che risulta limpida da una veloce analisi dei fatti.
Il fatto principale è ovviamente la notizia della casa di Montecarlo. Ma è uno scoop? Credo proprio di no. La notizia è uscita non a caso appena il presidente della Camera è stato espulso dal Pdl e ha dato vita al proprio gruppo parlamentare. Una coincidenza temporale inquietante, che non può non ricordare i tanti “avvertimenti” mandati da Feltri a Fini nel corso di questi ultimi due anni.
Io mi chiedo: se ora il caso dell’appartamento di Tulliani fa tanto scalpore, perché “Il giornale” o “Libero” non hanno fatto uscire la notizia a tempo debito, quando ne sono venuti a conoscenza? La risposta è semplice: le notizie vanno utilizzate solo per attaccare politicamente i nemici. Se a questo aggiungiamo il fatto che è impossibile pensare che Silvio Berlusconi non detti la linea de Il Giornale ci troviamo di fronte a un quadro in cui i mezzi di informazione abdicano completamente dal proprio ruolo, per assumerne un altro: quello di far uscire “dossier” scottanti da usare a favore dei propri amici, quello di portare avanti discriminazioni mediatiche a favore di altri (chi è che non ricorda il caso Boffo?). Per non dire poi della mancanza di coerenza delle proprie affermazioni: ora si attacca Fini perché “non poteva non sapere”. Berlusconi è stato invece sempre difeso dai giornali a lui vicini proprio invalidando questa teoria. Perché quello che vale per Fini non vale per Berlusconi? Per un semplice motivo, ovvero che non si compie il proprio lavoro con onestà intellettuale, ma ci si comporta da “clienti”.
In un paese in cui la gran parte dei mezzi di comunicazione è nelle mani di un uomo solo tale fenomeno acquista tratti ancora più preoccupanti, perché significa che le notizie non vengono date per quello che sono: vengono monopolizzate, nascoste in qualche fascicolo e poi tirate fuori quando si deve attaccare qualcuno.
Ripeto, la mia preoccupazione non è assolutamente difendere Fini. La mia preoccupazione è che nuovamente constatiamo come in questo paese la democrazia che deriva dall’informazione è morta.
Diego Gavini