Un mese fibrillante, in cui si è parlato in teoria di tutto e in pratica di niente. Berlusconi ha cercato di mettere una pezza alle difficoltà che sono emerse nell’ultimo periodo, specialmente la spaccatura nel partito e l’ascesa della Lega. E l’ha fatto a suo modo: prima ingiuriando il più possibile opposizione e magistratura, poi col flop della chiamata in piazza del “popolo azzurro”, infine invadendo le tv negli ultimi giorni di campagna elettorale (anche fuori tempo con la storia della lettera minatoria, che casualità eh?). Nel frattempo ha schierato le sue truppe prezzolate, schierando, nella sola Roma 3000 rappresentanti di lista che dovranno difendere ogni voto, specialmente quelli non validi, come ha raccontato oggi Repubblica.
Nel fare tutto ciò, l’obiettivo che si era proposto è riuscito benissimo: non far parlare dei programmi, non parlare del nucleare, non parlare dei danni del suo governo.
Queste elezioni si presentano dunque più importanti di quello che potrebbero apparire. Per Berlusconi una sconfitta creerebbe seri problemi di governo, facendo emergere ancora più prepotentemente le ostilità con Fini. Al contempo, un sorpasso della Lega renderebbe il Pdl ancora più schiavo del partito di Bossi.
Dall’altra parte, una vittoria non rappresenterebbe solo una ventata d’aria fresca. Sarebbe aria nuova. Nel Pd, si rafforzerebbe la segreteria di Bersani al primo test, il che può rappresentare una vera inversione di tendenza rispetto alle troppe divisioni che hanno falcidiato il Partito Democratico. Più in generale, una vittoria potrebbe compattare le varie forze della sinistra che si muovono intorno al Pd, e rilanciare un nuovo progetto di unità.
Infine in mezzo c’è Casini. In mezzo in tutti i sensi: si è messo fra i due poli in attesa di capire quanto vale e potersi poi vendere meglio. A meno che un inaspettato buon risultato di Rutelli lo faccia innamorare nuovamente dell’idea del grande centro. Ma fortunatamente qua si parla di fantasie da vecchio democristiano e nient’altro.
Questa tornata può dunque essere un punto di svolta per la nostra recente storia politica. Ma bisogna sperare che non rimanga tutto così non tanto per i vari partiti. Dobbiamo sperarlo per noi. Sperare che c’è ancora una parte consistente in grado di indignarsi e mandare un bel segnale. Il segnale che non si può più andare avanti così.
Diego Gavini