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Nel discorso di Bersani del dopo elezioni, pur tanto criticato da molti esponenti del Pd, vi sono diverse fondamenta di verità. Il segretario del Partito Democratico ha parlato di inversione di tendenza per il suo partito e dati alla mano è difficile dargli torto. Rispetto alle europee dell’anno scorso il Pd ha perso un ulteriore punto percentuale, ma è in calo solamente in 23 delle 80 provincie in cui si sono svolte le elezioni. Su questo 1%, influiscono in maniera decisiva infatti tre dati, senza i quali la crescita sarebbe più vistosa: il crollo del 10% in Calabria; la presenza delle liste civiche, che naturalmente sottraggono alcuni voti al partito più rappresentativo della coalizione; la presenza delle liste dell’Api di Rutelli in alcune regioni, dove ha raccolto all’incirca il 3% dei voti, il che è significato su base nazionale lo 0,5%; voti che provengono da una vera e propria costola del Pd.

Una analisi dettagliata, provincia per provincia, dimostra la crescita del Pd. Crescita a volte minima, a volte non sufficiente per superare il Pdl o la Lega, e solo raramente di ampio respiro. Ma comunque una crescita che indica effettivamente un’inversione di tendenza e che le basi per ripartire con serenità ci sono. L’analisi dimostra però come questa ripresa sia avvenuta a macchia di leopardo ed indica quindi quali sono le zone dove con più urgenza occorre lavorare (e magari cambiare qualcosa e qualcuno) per ripartire.

In Veneto il Pd è fermo esattamente al 20,3% dell’anno scorso. Del tutto stazionaria è la situazione nelle province in cui il Partito democratico ha più difficoltà, ovvero Treviso (18,1%), Verona (16,8%) e Vicenza (17,7%). Un leggero miglioramento si ha a Venezia (+ 0,8%%), la provincia in cui il Pd è più forte (26,6%), e soprattutto a Belluno dove sale di 3,4 punti. Un leggero calo si vede invece a Padova e Rovigo, dove il Pd perde rispettivamente 1,1 e 1,5 punti percentuali.

In Lombardia dove la sconfitta alle regionali è stata pesante e dove il centro-sinistra è da anni in forte difficoltà, la situazione è paradossalmente in via di miglioramento. Il Partito Democratico cresce complessivamente in un anno, passando dal 21,3% al 22,9%. Il dato più importante è che in tutte le 12 province il Pd è in crescita, partendo dal +0,2% di Bergamo e arrivando al +5,8% di Lodi (dove inoltre in contemporanea il centro-sinistra ha vinto le comunali). La provincia in cui il Pd resta più presente è Mantova, col 30,3% (+0,7%), ma buoni risultati sono stati ottenuti anche a Milano e a Cremona, in entrambe al 26,0%.

In Piemonte la sconfitta che ha condannato la Bresso per poche migliaia di voti è da addebitare anche ad una decrescita del Partito Democratico, pasasto dal 24,7% al 23,2.  Cali si sono avuti a Biella (-2,7%), Vercelli (-1,9%) e soprattutto nella roccaforte Torino, unica provincia in cui è prevalso il centrosinistra ma dove il Pd è passato dal 27,6% al 24,1%, segnale d’allarme anche per le comunali previste per il prossimo anno.  Nelle altre 5 circoscrizioni, nonostante a prevalere sia stato il centro-destra, il Pd è comunque in risalita, specialmente a Verbano, dove guadagna in un anno il 3,8%.

In Liguria all’affermazione di Burlando non è corrisposta una grande performance del Pd, che dalle europee ha perso 1,5 punti, passando dal 29,8% al 28,3%. Stazionario ma leggermente in arretramento ad Imperia (-0,5%) e Savona (-0,2%), il Pd ha subito la battuta d’arresto peggiore proprio a Genova, dove registra il 29,8%, ovvero una perdita del 3,0%. Provincia più forte si mantiene invece La Spezia, in cui il Pd guadagna un ulteriore punto percentuale rispetto 34,7 delle europee.

Dell’Emilia-Romagna, già su questo blog si è notato un arretramento del centro-sinistra, arretramento preoccupante per l’opposizione data la tradizione emiliana. Ciò nonostante, il Pd dopo il calo delle europee è di nuovo in crescita, passando a livello regionale dal 38,9% al 40,%. Il dato più confortante per il partito di Bersani è che questa crescita riguarda tutte le province. Esclusa la battuta d’arresto a Ferrara (-0,1%), in tutte le altre circoscrizioni il Pd segna una crescita di almeno un punto percentuale. La più importante risalita si ha proprio nell’unica provincia in cui è prevalso il centro-destra, Piacenza, dove il Pd ha recuperato 4,8 punti percentuali, registrando il 30,3%, percentuale che resta però la più bassa. La circoscrizione più “rossa” si conferma Reggio Emilia, dove il Pd ottiene il 45,8% ed un sostanzioso +2,6%.

Il Pd è in crescita anche nelle Marche, dove si attesta sul31,1%, percentuale in rialzo dell’1,2%, nonostante la presenza dell’Api che ha guadagnato il 2,0%. Questo sviluppo non è però omogeneo. Perdite, anche sostanziose, si registrano ad Ancona (-2,5%) e Macerata (-2,4%), dove inoltre il 22,9% conferma la debolezza del Partito Democratico. Una battuta d’arresto si ha nella provincia dove il Pd è più forte, quella di Pesaro ed Urbino (33,7%, ovvero un -0,3%); crescite positive si hanno invece ad Ascoli (+2,6%) e Fermo (+2,8%).

Più rosea è la situazione in Toscana, dove il centro-sinistra ha vinto con facilità e dove il Pd avanza del 3,5%. Avanzamento peraltro omogeneo in tutte le circoscrizioni, con la punta più bassa a Prato (+2,1%) e quella più alta a Grosseto (+5,9%). Punta di diamante per il Pd resta Siena col suo 50,3%, dove peraltro si registra una crescita del 4,8%.

Buono lo stato del Pd anche in Umbria, ed anche veloce da sintetizzare. In un anno torna a superare il Pdl e si attesta al 36,1%, con un avanzamento del 2,2%, più accentuato a Terni (+3,1%) che a Perugia (+1,9%).

Nel Lazio il centro-sinistra ha perso con uno scarto minimo, ma il Pd appare in difficoltà, con una decrescita dell’1,9%. Al pari del Piemonte, nel Lazio il centro-sinistra ha avuto un ottimo risultato nel centro più importante, Roma, ma ha perso nelle restanti province. Nonostante la vittoria nella circoscrizione romana, il Pd è passato dal 30,2% delle europee al 27,7%; protagonista di questo scivolamento è proprio la capitale, dove il Partito Democratico ottiene appena il 27,8% segnando un -3,8%. Fortemente negativo anche il calo a Frosinone (-4,2%), mentre è più attenuato a Rieti (-1,7%). Il Pd ottiene un avanzamento paradossalmente proprio a Latina, città storicamente di destra (per non dire fascista), salendo dal 19,8% al 20,4%. La nota più lieta è comunque Viterbo dove dopo il 26,5% dell’anno scorso, il Pd si attesta al 31,5%.

In Campania il centro-sinistra ha subito una sconfitta netta ed il Pd perde ulteriori consensi rispetto alle europee (dal 23,4 al 21,4); calo dovuto però anche alla presenza della lista dell’Api che guadagna un discreto 3,0%.  La discesa si ha ad Avellino (-1,0%), Caserta (-3,9%) e Napoli (-2,8%), ma la differenza sembra dettata proprio dai voti ottenuti dal partito di Rutelli. Il partito di Bersani è invece in risalita a Benevento (+2,8%) nonostante il 6,1% di preferenze andate all’Api, e a Salerno (+5,00%) dove però il Pd si giova del grande effetto De Luca (sconfitto ma in grado di raccogliere il 72,5% nella sua città).

A dispetto della vittoria di Vendola, il Pd è in leggero arretramento in Puglia (-1,0%). Arresto dovuto probabilmente proprio alle divisioni interne nel partito in occasione della scelta del nome del governatore. Le circoscrizioni dove il Pd arretra sono Bari (-2,1%), e forse non è un caso dato il latente scontro tra Emiliano e Vendola, e Lecce, dove perde il 2,5%. Nelle altre province  il Pd registra invece un contenuto avanzamento: 0,2 a Foggia, 0,9 a Brindisi, 1,4 a Barletta-Andria-Trani (la quale resta la provincia peggiore per il Pd, col 17,9%) e 1,8 a Taranto.

In Basilicata il centro-sinistra vince con un ampio margine, ma il Pd non ottiene una grandissima affermazione, registrando il 29,5% a Matera (un 1% in più rispetto all’anno scorso) e il 25,9% a Potenza (dove perde addirittura il 3,8%). Anche in questa regione gioca però un ruolo importante l’Api che si attesta al 4,0%.

In Calabria alla durissima sconfitta di Loiero corrisponde un collasso per il Pd. Come già detto nelle prime righe di questo articolo, la Calabria rappresenta infatti il colpo più duro per lo schieramento guidato da Bersani, che in un anno perde addirittura il 9,6%. Il crollo è omogeneo in tutte le circoscrizioni, tanto che il risultato migliore viene da Crotone, dove il Pd passa dal 22,9% al 17,7%. Disastrosi i risultati registrati a Reggio Calabria (12,7%, ovvero un calo del 13%) e a Vibo Valentia (dal 33,7% al 16,7%).

Diego Gavini

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Per la lettura dei dati riguardanti le elezioni umbre, potete aprire: elezioni umbria

Estremamente simile al caso marchigiano, è quello umbro, ma qui la vittoria del centrosinistra è ancor più schiacciante e più confortante per il Pd e i suoi alleati. Al pari delle Marche, l’Umbria è considerata una zona rossa, dove però nelle ultime elezioni europee il Pd aveva subito un tracollo del 10% ed era stato superato dal Pdl.

Molti sono invece gli elementi positivi che emergono da questa tornata elettorale. La candidata del centrosinistra, Catiuscia Marini, ha vinto con un ampio divario di 20 punti percentuali. Il Pd è tornato ad essere il primo partito col 36,1%, di fronte ad un calo del Pdl del 3%. In generale è però tutto il centrosinistra in crescita. L’Idv in un anno ha aumentato il suo consenso del 3%. Sinistra e Libertà si è assestata al 3%, ma di fronte a quella che è ormai praticamente un’anomalia, ovvero una Federazione della Sinistra che sfiora il 7%. Il tutto in un calo contenuto dell’astensionismo. L’affluenza è stata sì bassa, ma con una media del 65,3%, superiore dunque a quella nazionale. Per chiudere, anche in Umbria suona però il campanello d’allarme della Lega Nord, che molto lontana dalla Padania riesce a raccogliere il 4,3%, più che raddoppiando in due anni i suoi voti.

Per leggere ogni aspetto statistico del voto umbro: http://regionali.interno.it/regionali/regio100328/R10.htm

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Regionali

Ecco i dati definitivi della tornata elettorale, che vedono 7 regioni assegnate al centrosinistra e 6 al centrodestra, segnando dunque il passaggio di Calabria, Campania, Lazio, Piemonte alla coalizione guidata da Berlusconi (per vedere i risultati in maggior dettaglio, rimandiamo agli articoli in cui, a partire da domani, analizzeremo il voto regione per regione):

Veneto

Zaia (centrodestra) 60,15% – Bortolussi (centrosinistra) 29,0

Lombardia

Formigoni (centrodestra) 56,10% – Penati (centrosinistra) 33,27%

Piemonte

Cota (centrodestra) 47,32% – Bresso (centrosinistra) 46,90%

Liguria

Burlando (centrosinistra e Udc) 52,14% – Biasotti (centrodestra) 47,85

Emilia-Romagna

Errani (centrosinistra) 52,06% – Bernini (centrodestra) 36,72%

Marche

Spacca (centrosinistra e Udc) 53,17% – Marinelli (centrodestra) 39,72%

Toscana

Rossi (centrosinistra) 59,73% – Faenzi (centrodestra) 34,44%

Lazio

Polverini (centrodestra e Udc) 51,14%  – Bonino (centrosinistra) 48,32%

Umbria

Marini (centrosinistra) 57,24% – Modena (centrodestra) 37,70%

Campania

Caldoro (centrodestra e Udc) 54,25% – De Luca (centrosinistra) 43,04%

Calabria

Scoppeliti (centrodestra e Udc) 57,70% – Loiero (centrosinistra) 32,20%

Basilicata

De Filippo (centrosinistra e Udc) 60,81% – Pagliuca (centrodestra) 27,92%

Puglia

Vendola (centrosinistra) 48,69% – Palese (centrodestra) 42,25%

 

Le percentuali a livello nazionale dei singoli partiti sono:

Pdl  26,78%

Pd   26,10%

Lega Nord   12,28%

Idv  7,27%

Udc  5,57%

Sel   3,03%

Sinistra  2,74%

Movimento a 5 stelle  1,77%

La destra  0,71%

Verdi  0,67%

Api  0,58%

Radicali  0,56%

Le liste civiche dei presidenti di centrosinistra hanno raccolto il 3,84%, quelle del centrodestra il 7,81%.

L’affluenza alle urne è stata appena del 64,19%, in forte calo rispetto al 72,01% di cinque anni fa.

Comunali e provinciali

Oggi sono stati scrutinati anche i voti delle provincee e dei comuni in cui si è votato.

Tutte e quattro le province in cui gli elettori sono stati chiamati a votare sono state conquistate dal centrodestra. Ad Imperia Sappa si è imposto su Giordano per 59 punti percentuali a 32. A L’Aquila Del Corvo ha battuto la sfidante Pezzopane 53,4% a 45,3%. A Viterbo Meroi ha raccolto il 54,7% dei voti, contro il il 32,1% di Grattarola. Infine a Caserta Zinzi ha vinto su Stellato 64,4% a 30,6%.

Per quanto riguarda le comunali si è votato per 462  amministrazioni, fra cui 9 capoluoghi. Tra questi spicca il voto di Venezia dove il candidato del centrosinistra, Orsato, ha battuto il ministro Brunetta 51,1% a 42,6% (il ministro ha peraltro attaccato la Lega, accusandola di non averlo sostenuto a sufficienza). Negli altri 8 capoluoghi si andrà al ballottaggio a Mantova, Macerata, Vibo Valentia e Matera, mentre il centrodestra ha già vinto a Chieti ed Andria e il centrosinistra a Lodi e Lecco (dove inoltre è stato battuto il leghista Castelli).

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