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Posts Tagged ‘X municipio’

Mentre al Senato si discute il disegno di legge Gelmini, in tutta Italia inizia una settimana di mobilitazioni per cercare di bloccare la nefasta riforma. Mobilitazione che sta passando abbastanza in silenzio sui media, presi dalla cricca, dalle intercettazioni e dalla crisi economica. Eppure è un fatto altrettanto importante.

Assemblee iniziano a moltiplicarsi nei vari atenei, come quella che si è svolta oggi a Tor Vergata, dove ricercatori e studenti si sono riuniti nella facoltà di Giurisprudenza, per poi occupare simbolicamente il rettorato.

Domani mattina è invece previsto un sit-in davanti al Senato.

La mobilitazione, anche se silenziosa, anche se si avvicina l’estate (e quindi gli esami), comincia a riprendere vita dunque. Ora occorre vedere che forma e che forza assumerà. Ma un fatto è certo. Questo è l’ultimo baluardo. Se la Gelmini non viene fermata neanche adesso, la situazione assume tinte tragiche (ovviamente non ce l’ho con la Gelmini, figurina ignava messa lì per fare il gioco sporco di altri).

Tragico non è un aggettivo esagerato in questo caso. Per due motivi molto semplici. Uno, è molto pratico. Se si va avanti su questa strada, già dal prossimo anno interi corsi di laurea e intere facoltà verranno fisicamente cancellati, oppure ridotti al lumicino. Il secondo motivo è molto più profondo. La distruzione dell’università pubblica che sta andando avanti da anni, arriverà al passo finale, verrà data l’ultima picconata. E l’università sarà consegnata ai poteri che hanno interessi ad investire (per proprio tornaconto) nella ricerca. Una ricerca quindi sempre più mercificata. L’università pubblica diventerà sempre più privata, perché le tasse, già ora alte, continueranno ad alzarsi. Si verrà a definire quel sistema (assai poco lungimirante, nonché poco democratico) per cui la ricerca avrà un fine solamente “aziendale”, per cui si tornerà ad accentuare l’immobilità sociale, per cui il concetto che istruzione è uguale a civiltà va cancellato a favore di una società che con le parole “civile” e “democratico” non vuole avere niente a che fare.

Di fronte a questa prospettiva, l’ultimo baluardo va costruito da tre punti di vista. Il primo è quello della mobilitazione congiunta di studenti-ricercatori-professori, una mobilitazione però molto più forte, coesa e continua di quella dell’Onda, una mobilitazione dura fino all’ultimo, perché ci deve essere la consapevolezza che questa rischia di essere una strada senza ritorno.

Il secondo aspetto è quello dei partiti d’opposizione. Opposizione che ha assistito silente ai primi tagli dell’anno scorso (altra cosa in cui ha fallito Veltroni, peraltro).  Ora i partiti dell’opposizione, PD in testa (ma non deve mancare neanche il contributo delle forze extra-parlamentari come Sinistra e Libertà e Rifondazione), devono far sentire la loro voce. Anche per far capire che non sono complici di questa vicenda. Il piano “Italia 2011” del PD mette istruzione e ricerca al primo posto, ed è già un primo passo. Ma serve di più. Serve un’opposizione battagliera che sia in grado di porre la vicenda in primo piano, facendo capire alla gente che si sta affrontando una questione nazionale, importante tanto quanto la crisi economica e la nuova tangentopoli.

Il terzo aspetto riguarda però anche la gente normale, anche chi non si interessa tanto di politica o chi magari non ha un figlio che va a scuola. Questo è infatti un problema che riguarda tutti. Anzi, riguarda più le famiglie che hanno bambini piccoli piuttosto che universitari che stanno terminano il loro percorso di studi. Ma riguarda soprattutto il paese, perché è sull’istruzione e sulla ricerca che si gioca il futuro e questo deve essere chiaro a chiunque. E’ ora che la gente, sempre così soporifera, in grado di riscaldarsi solo durante i mondiali, cominci ad essere meno indifferente.

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Continua la mobilitazione del Pd sulla questione della mancata presentazione del bilancio preventivo per il 2010 da parte di Alemanno. Iniziano ad attivarsi su questo tema delicato anche i municipi. La mancanza del bilancio ha infatti ricadute gravi sulle casse municipali che curano i problemi quotidiani dei cittadini: trasporti, manutenzione stradale, servizi di prima necessità, sono solo alcune delle questioni principali che sono principalmente dipendenti dalle amministrazioni municipali.

Nel X municipio è stato organizzato un incontro per parlare di queste tematiche e comprendere realmente cosa vuol dire la mancanza del bilancio e la sua ricaduta negli aspetti quotidiani. Al contempo, lo scopo è quella di coinvolgere le varie fasce sociali interessate al problema, per dare più risonanza possibile al problema. Obiettivo collegato è infatti quello di moltiplicare le iniziative sul bilancio in tutto il territorio, a partire soprattutto dai circoli del Pd.

L’iniziativa si svolgerà lunedì 17 maggio alle ore 18.00, presso la “Sala Rossa” della sede del municipio. L’introduzione spetterà a Massimo De Simoni, assessore del bilancio nel X municipio. L’ospite principale sarà il deputato del Pd Marco Causi, ex assessore al bilancio del comune di Roma, ed interverrà anche Sandro Medici, presidente del X municipio. All’incontro parteciperà inoltre Keszi Zsolt, vicepresidente del Confartigianato di Roma.

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E’ possibile una politica fatta bene senza i circoli? Secondo me no. Un circolo non è soltanto una sede in cui qualche appasionato si ritrova per discutere di politica. E’ il luogo in cui si possono esprimere le necessità reali del territorio e da cui parte lo stimolo per fare una politica che non sia slegata dalla realtà. Faccio un esempio molto pratico: in linea teorica da un circolo emerge una personalità in grado di rappresentare tutti gli iscritti e che proprio per questo finisce per fare il consigliere municipale; questo suo ruolo è poi rafforzato proprio dal fatto che non si tratta di una persona che non conosce la realtà in cui lavora, ma rappresenta l’espressione delle necessità degli iscritti. Quando questa linea teorica diventa pratica, si è fatta della buona politica.

Una volta il Pci aveva da questo punto di vista una struttura formidabile. La creazione dei quadri partiva proprio dall’attività delle sezioni. Oggi, a quanto si dice (ammetto di non conoscere la realtà), la Lega fa proprio questo lavoro e per questo ottiene grandi successi.

Il Pd è nato invece da questo punto di vista in maniera molto ambigua. Da un lato c’è stata la moltiplicazione dei circoli per coprire ogni spazio territoriale (basti pensare che oggi nel solo X municipio sono presenti 8 circoli), dall’altro lo stimolo iniziale di Veltroni fu quello del partito liquido, ovvero un partito che non avesse alla base una struttura forte. Facendo un esempio pratico, non c’era neanche il tesseramento. Poi ci si è resi conto che questo non era possibile e si è tornati alle tessere e a dire: “ripartiamo dai circoli”.

Ma oggi il problema non è tanto ripartire dai circoli, quanto salvarli. Quali sono infatti le grandi problematiche sorte con questo nuovo partito?

1) la politica si è cominciata a vivere in maniera diversa, le sezioni, diventate circoli, si sono svuotate. Questo ha prodotto un distacco della gente dalla politica e dalla capacità di influenzare i quadri dirigenti; ha prodotto poi una questione molto più pratica: non essendoci più un forte legame con la propria sede, nessuno è disposto a fare uno sforzo economico per dare una mano a portare avanti la baracca.

2) il moltiplicarsi dei circoli all’atto della nascita ha avuto un risvolto positivo nella capacità di poter restringere per ogni sede il campo d’azione e quindi, in linea teorica, potervi svolgere un’azione più efficace. Ma al contempo ha prodotto tre conseguenze estremamente negative. La prima è che questo moltiplicarsi, creato a tavolino, ha prodotto un effetto dopante: la crescita del numero delle sedi non è equivalsa ad una crescita del numero degli iscritti, ragion per cui la gran parte dei circoli ha un numero esiguo di aderenti. La seconda conseguenza è molto più politica. Una volta, essendo limitato il numero di sezioni, in ciascuna di esse trovavi a convivere insieme una marea di rivalità interne: ma dal momento che si era costretti a convivere, da un lato eri costretto a cercare una sintesi con chi non si trovava sulla tua posizione, dall’altro regnava una maggiore democrazia interna poichè si doveva tener conto delle pluralità presenti. In pratica, lo scontro continuo, almeno a livello teorico, poteva portare a stimoli produttivi. Ora, il frazionamento ha fatto sì che ogni diversa componente (che con il passaggio al Pd si sono moltiplicate) prendesse il possesso di un circolo: conseguenza, è che ogni circolo è contraddistinto da un colore diverso. Questo ha prodotto, nella maggior parte dei casi, che non essendoci più una convivenza forzata le rivalità si sono accentuate ma non hanno un luogo in cui è possibile arrivare ad una sintesi. Inoltre, in questo gioco di rivalità, ogni circolo è diventato un comitato elettorale ed ogni sede punta semplicemente a coltivare il proprio orticello. Infine, terza conseguenza del frazionamento, che si ricollega alla prima, è un aspetto molto pratico e si risolve in una sorta di equazione: pochi iscritti, uguale pochi soldi, pochi soldi uguale difficoltà a sopravvivere. Basta prendere nuovamente come esempio il X municipio, in cui 2 degli 8 circoli, oggi come oggi non hanno una sede (ed evidentemente il numero rischia di salire).

Cosa comporta la mancanza delle sedi? In primo luogo è un problema per il partito, il quale ha porzioni territoriali scoperte. In secondo luogo è per gli iscritti che non hanno un luogo vero in cui far sentire le proprie esigenze. In terzo luogo è un problema per la gente: meno circoli significa meno controllo su quello che fanno i politici, almeno quelli di base come i consiglieri municipali.

Come risolvere il problema? Ho una risposta che forse non è molto esaltante, ma potrebbe essere almeno pratica. La soluzione potrebbe essere quella di finanziare i circoli, ma evidentemente neanche il Pd può permetterselo. A mio avviso, potrebbe essere più pratico ridurre il numero di circoli. Questo potrebbe avere una serie di conseguenze positive:

1) il Pd avrebbe meno problemi a finanziare di tasca propria, essendo minore il numero di sedi da mantenere

2) l’aiuto economico degli iscritti potrebbe essere più cospicuo, aumentando in ogni circolo il numero stesso di aderenti

3) politicamente si potrebbero risolvere i problemi cui accennavo sopra: se ogni componente dovesse tornare ad una convivenza forzata, potrebbe avere un luogo reale in cui cercare una sintesi delle problematiche. Inoltre, dallo scontro potrebbero nascere stimoli a spendere più energie e in maniera più positiva

4) è vero che riducendo il numero delle sedi, si allargano troppo i raggi d’azione dei singoli circoli. Ma meglio raggi d’azione molto estesi, piuttosto che zone completamente scoperte dalla scomparsa dei circoli.

In assoluto poi, uscendo quindi dal problema del Pd, credo che ogni partito dovrebbe dotarsi di un’articolata rete di sezioni. Davanti al qualunquismo oggi dilagante e della disaffezione crescente della gente di fronte alla politica, la possibilità di svolgere anche in piccolo il proprio ruolo, potrebbe significare il ritorno delle persone al gusto per la politica. Se vivessimo in Utopia, credo che per legge dovrebbe essere garantito ad ogni partito di usufruire gratuitamente in un certo numero di circoli. Perché un limite evidente della democrazia sono sicuramente le disparità ec0nomiche fra i diversi schieramenti: Berlusconi può garantire finanziamenti incessanti al Pdl; gli altri altri possono garantirsi delle sedi in base alle proprie possibilità e al proprio potere: evidentemente in una cittadina padana, è più facile che un qualche imprenditore edile lasci in maniera gratuita un proprio spazio ad un circolo della Lega, piuttosto che a Sinistra e Libertà, giusto per dirne una.

Se si uniscono una serie di fattori, come sedi gratuite per ogni partito, forti limiti di spesa nelle campagne elettorali, tanto per fare due esempi, si potrebbe infatti risolvere anche il problema che fare politica costa troppo e che le disponibilità economiche di ogni gruppo sono direttamente proporzionali al successo elettorale e quindi all’accesso al potere. Oggi infatti a vincere non sono le idee, ma la possibilità che ogni partito ha di essere visibile, creando un circolo vizioso in cui il potere produce altro potere, visibilità crea altra visibilità, soldi creano maggiori possibilità di vincere. Non dovrebbero essere le presenze in tv a vincere, o la possibilità di attaccare più cartelloni degli altri o offrire più cene elettorali. Dovrebbe vincere la buona politica, quella quindi che parte dai territori. La possibilità di farla dovrebbe essere garantita ad ogni schieramento. Mi sembra una questione di democrazia.

Diego Gavini

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Santiago Calatrava, famoso architetto che ha progettato quella che doveva essere la bellissima struttura della città dello sport di Tor Vergata, ha visitato oggi i cantieri ed ha annunciato: “se arriveranno i fondi, finiremo entro il 2013”.

Perfetto direte voi. Ma bisogna fare qualche annotazione. La struttura era stata progettata in vista dei mondiali di nuoto che Roma ha ospitato nel 2005. Anzi, Roma era riuscita ad aggiudicarsi il mondiale proprio presentando il progetto della città dello sport. Struttura che, se realizzata, sarebbe diventata un vero e proprio gioiello per la nostra città, punta di diamante di un tessuto urbano in continua crescita come quello di Tor Vergata, fiore all’occhiello per Veltroni, l’ideatore. Avrebbe inoltre garantito all’Università di Tor Vergata un salto di qualità incredibile, facendo nascere un complesso sportivo-universitario all’avanguardia.

Il quale sarebbe dovuto venir su così:

e invece, oggi è ancora come la vedete nella foto in basso.

Peccato che i lavori dovevano finire un anno fa. Già, perché i mondiali di nuoto ci sono stati. Ma al Foro italico.

Inoltre, all’inizio i lavori dovevano costare 60 milioni. Oggi, ne sono previsti 608. Un bel costo aggiuntivo.

Della città dello sport si è tornato a parlare in vista delle Olimpiadi del 2020, per le quali Roma vuole gareggiare. Ma dopo il mondiale di nuoto, tutti se l’erano dimenticata. Se ne era parlato in occasione dello scandalo dei giri di soldi intorno alla Protezione civile.

Perché in effetti, cosa era successo a questa struttura? Perché non è stata finita in tempo? Perché ora costa così tanto. Per rispondere, serve una veloce cronistoria della vicenda.

Nel 2005, con la candidatura di Roma ai mondiali di nuoto, Veltroni afferma che la città sarebbe venuta a costare 60 milioni, tutti pagati con i fondi di Roma città. Vinta la gara, vengono stanziati 120 milioni, già il doppio, e i lavori affidati a una società di Caltagirone, noto costruttore. Ma il settore pubblico non può controllare questi soldi: 30 milioni vengono affidati a Bertolaso, visto che ad ottobre il mondiale diventa un “grande evento” e passa sotto la gestione della Protezione civile. Per decidere come impiegare questi soldi, viene chiamato un personaggio venuto alla luce della ribalta per le inchieste sulla Protezione civile: Angelo Balducci. A questo punto, cominciano a venire ad essere stanziati altri soldi per la cittadella, come i 26 milioni per il museo dello sport di Tor Vergata. E, fra il 2006 e il 2007, i costi raddoppiano nuovamente: il preventivo arriva a 240 milioni.

Intanto, mentre con i lavori si procede un po’ troppo lentamente, continuano ad essere stanziati fondi per poli natatori che spuntano come funghi per tutta Roma. Dalla fine del 2007 comincia a circolare la voce che non si farà in tempo per il 2009.

Arriviamo all’aprile del 2008 e a Roma vince le elezioni Alemanno.  Ad ottobre il neosindaco afferma: sono state gettate le fondamenta per Tor Vergata, ma bisogna completare la struttura per non lasciarla a metà. A dicembre, vengono stanziati 5 milioni per ristrutturare il Foro italico. I mondiali di nuoto non si svolgeranno più a Tor Vergata.

Intanto è una corsa all’appalto. Al posto di Balducci subentra Rinaldi, e tutte le richieste per costruire piscine vengono sbloccate, nonostante si avvicini il termine ultimo del 31 marzo 2009, quando tutto dovrà essere pronto.

In tutto ciò la cittadella dello sport è caduta nel dimenticatoio. Mentre si costruivano piscine una sopra l’altra, si sono spesi in silenzio 200 milioni per Tor Vergata. E non sono finiti. Per completare il tutto ne serviranno 608, di cui altri 53 arriveranno dai fondi per Roma capitale.

Non so che aggiungere a questo breve riepilogo. Un’opera realmente importante, in grado da sola di elevare lo status di un quadrante cittadino in crescita ma ancora emarginato da molti punti di vista, viene affossata in questa maniera. Doveva costare 60 milioni, ne costerà 10 volte tante. Doveva essere pronta nel 2009, ora il suo futuro è avvolto nella nebbia. Noi cittadini continuiamo a pagare. Loro, a mangiarci sopra.

Diego Gavini

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Domani, 7 aprile, alle ore 14.00, presso l’auditorium Ennio Morricone della facoltà di Lettere e Filosofia di Tor Vergata, sarà presente un ospite d’eccezione: Carlo Verdone.

L’incontro è organizzato dal docente di Storia e critica del cinema, Giovanni Spagnoletti, per il Cine Social Club. Nella prima parte dell’appuntamento ci sarà la proiezione dell’ultimo film del regista romana, “Io, loro e Lara”, uscito sui grandi schermi italiani a gennaio. A seguire il professor Sanguinetti e il preside di facoltà, Rino Caputo, introduranno Carlo Verdone ad un dibattito a cui parteciperanno, inoltre, l’attrice Anna Bonaiuto e la sceneggiatrice Francesca Marciano. Sono poi previsti gli interventi dei giornalisti Filippo di Giacomo e Antonio D’Olivo.

E.M. e D.G.

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I dati totali ed ufficiali, relativi al risultato elettorale conseguito nei singoli municipi non sono ancora stati resi noti dal Comune. I dati diramati riguardano per il momento solo il 50% delle sezioni elettorali. Percentuale comunque sufficientemente alta per pensare che vi siano grandi variazioni.

Ciò che emerge è che il centrosinistra, dopo aver perso le elezioni comunali di due anni fa per il palese errore della candidatura di Rutelli, è tornato ad imporsi sul centrodestra. Il Pd, assieme ai suoi alleati, prevale infatti in 18 municipi su 20, lasciando ai rivali solo l’ottavo municipio ed il ventesimo.

Il X municipio, storicamente di sinistra, si conferma tale. Abbiamo riportato i risultati (sempre del 50% delle sezioni) ottenuti dai candidati e dai singoli partiti nel file: elezioni x municipio.

Come appena affermato, il centrosinistra si conferma coalizione di maggioranza con la Bonino che supera di ben 12 punti percentuali la Polverini. La candidata della Rete dei Cittadini, al pari di quanto accade nel resto di Roma e della regione, si ferma ad un esiguo 6,5%.

Nonostante questo successo, almeno a livello territoriale, il Pd deve però interrogarsi. In primo luogo vi è un’affluenza alle urne che crollata incredibilmente dall’80% delle politiche del 2008 al 57% delle europee dell’anno passato, continua a calare. In secondo luogo il Partito Democratico perde in due anni ben il 14% dei voti, gran parte dei quali raccolti dall’Idv, il restante probabilmente perso in questa tornata fra la lista civica della Bonino e i Radicali, in crescita nel Lazio grazie alla candidatura della Bonino. Forte calo che ha poi comportato, l’anno scorso, il sorpasso da parte del Pdl, indice (insieme alla crescita dell’Idv) che il lavoro del Pd a livello territoriale non ha funzionato nel migliore dei modi.

Analizzare il voto a destra è leggermente più complicato per la mancanza della lista del Pdl, perché occorre capire in che percentuale l’elettorato di centrodestra non è andato a votare. A mio avviso però, l’astensionismo ha colpito in maniera trasversale i due schieramenti, non incidendo dunque in maniera percentualmente rilevante sul partito di Berlusconi. La dimostrazione è evidentemente nella lista civica di Renata Polverini che ha guadagnato il 30,09%, assorbendo quasi del tutto il voto degli elettori del Pdl. L’ipotizzabile 3-4% mancante, non si è spalmato in maniera omogenea fra gli altri partiti, se guardiamo come l’Udc rimanga stabile rispetto all’anno scorso, e quanto poco siano state premiate liste come l’Udeur o quella di Sgarbi. L’unico partito che sembra aver invece benificiato dell’esclusione di Berlusconi è La Destra di Storace, che dopo la discesa allo 0,8% di un anno fa, è risalita al 4,3%.

Diego Gavini

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Qua a sinistra trovate una serie di foto che sono legate da un collegamento in apparenza poco chiaro. Con un po’ di pazienza, possiamo però tracciare una linea comune, che spieghi come dalla prima foto si possa arrivare all’ultima.

Come prima immagine abbiamo quella notissima di Berlusconi, impegnato in questi giorni nella sua ultima battaglia contro la magistratura.

In seguito c’è Dell’Utri, uomo di fiducia del premier. La mente che ha partorito Forza Italia, in pratica l’uomo che ha preparato la discesa in campo del Cavaliere.

Come terza foto, c’è quella dei neofascisti di Blocco Studentesco e Casa Pound, i responsabili dei fatti di Piazza Navona dell’anno scorso, e delle aggressioni di questi giorni all’università di Tor Vergata.

A seguire, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Una foto di qualche anno fa, di quando il giovane Alemanno non nascondeva la sua militanza fascista.

C’è poi Renata Polverini, candidata nelle fila del centro-destra nella corsa alle regionali, ritratta mentre si finge ultrà scatenata, nel tentativo di convincere i fascisti della Curva nord laziale a votarla.

Infine, abbiamo l’insegna dell’Università di Tor Vergata. Luogo in cui la parola cultura, con tutto quello che ne consegue, dovrebbe avere un certo peso.

Tentiamo ora di dare un senso a tutte queste immagini giustapposte.

Immaginate una piramide. Berlusconi ne è il vertice. Da cosa è caratterizzata principalmente l’azione del Cavaliere da quando governa l’Italia? Semplice, dalla delegittimazione. Deligittimazione della giustizia, dell’istruzione, delle istituzioni, e così via. In pratica delegittimazione del senso di Stato.

Come si propaga poi questo nel resto della società? Basta vedere il caso di Casa Pound e Blocco Studentesco, movimenti, in parte giovanili, di chiara matrice neo nazifascista, responsabili di episodi di violenza gratuita da due anni a questa parte. In pratica da quando al Comune siede Gianni Alemanno. Il quale, forse, non riesce a dimenticare del tutto il suo passato fascista. Anzi, se capita, finanzia anche qualche iniziativa di Casa Pound. Nonostante tutti sappiano cosa sia Casa Pound. Ma forse non lo sa neanche Marcello Dell’Utri, che diari di Mussolini in mano (peccato che siano falsi, se ne sono accorti tutti tranne Dell’Utri) va da questi giovani bibliotecari, a raccontargli quanto fosse bravo il duce. Ma se guardiamo poi alla Polverini, che va a elemosinare voti fra i fascisti che si fingono tifosi di calcio, cominciamo a capire meglio.

Cominciamo magari a capire che Alemanno e Polverini non è che non sanno chi sono questi loschi figuri. Lo sanno benissimo. E, che gli piacciano o no, sono voti.

Se personaggi simili quindi (mi riferisco agli appartenenti del Blocco o di Casa Pound) intrattengono rapporti con un uomo come Dell’Utri, forniscono la base elettorale del sindaco di Roma e della forse futura presidentessa del Lazio, forse da qualcuno sono legittimati a fare quello che fanno. O magari anche un po’ protetti. Così legittimati o protetti, che se mandano dei ragazzi in ospedale, se impediscono (cosa successa ieri) con altre violenze al rappresentante del Collettivo Lavori in Corso di presentarsi alla riunione del Senato accademico, cosa fa il rettore di Tor Vergata? Tace. Anzi, fa di peggio. Invia una lettera agli studenti, in cui accomuna Blocco Studentesco e Collettivo come due frange estreme coinvolte in risse personali, invitando poi gli studenti a non preoccuparsi di queste cose. E cosa fa il Preside della Facoltà di Lettere, facoltà presso cui da due giorni si svolgono assemblee per parlare dell’accaduto? Sparisce.

Ricolleghiamo quindi il tutto. La deligittimazione, il collasso istituzionale provocato dall’agire di Berlusconi, si ripercuote come un’onda in tutta la società. Un gruppo di picchiatori neofascisti, può circolare libero per Roma, perché le istituzioni di Roma sono collassate di fronte alla Storia. Le violenze di questi picchiatori, sono poi minimizzate dalle istituzioni universitarie. Ed è proprio presso l’Università, luogo di cultura, luogo che dovrebbe formare le personalità di domani non solo facendo collezionare esami ma fornendo un alto esempio di moralità, che il collasso istituzionale è più preoccupante. Perché significa che ormai la frattura è avvenuta, rischiando di trascinare tutto il resto con sé.

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La giornata di ieri, è stata segnata da un’ennesimo gravissimo episodio di violenza neofascista. Aggrediti diversi ragazzi, con una vera e propria azione squadrista: 6 sono stati portati in ospedale. Fra questi, uno dovrà essere operato per la rottura del setto nasale. Episodio ancor più grave, se pensiamo che ha avuto luogo presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Tor Vergata.

Lo scontro è nato a causa di un’iniziativa (tristemente finanziata dal rettore Renato Lauro con i soldi dell’università), indetta da una associazione Onlus, legata chiaramente a Blocco Studentesco e Casa Pound, ovvero due movimenti giovanili (e non solo) dichiaratamente neo-nazifascisti. Movimenti che oggi trovano sempre più spazio, se pensiamo che un progetto di Casa Pound è stato finanziato dallo stesso sindaco Alemanno con i soldi dei cittadini.

Di fronte a tale manifestazione, i ragazzi del Collettivo Lavori in Corso (movimento universitario presente da vent’anni a Tor Vergata) hanno organizzato un volantinaggio di controinformazione: accerchiati da un numero sovrabbondante di neofascisti (fra cui picchiatori di 40-50 anni), sono stati duramente aggrediti, ragazze comprese.

Oggi è stata poi indetta a mezzogiorno, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, una conferenza del Collettivo, per riportare la testimonianza diretta dei fatti. In seguito, gli stessi ragazzi si sono mossi in corteo fino al Senato Accademico, per chiedere che questi gruppi neofascisti non trovino più legittimazione da parte delle istituzioni universitarie. Nuovi scontri sono avvenuti anche davanti al Senato dove, ad aspettarli, vi era un cordone del Blocco Studentesco e di Casa Pound.

Questa la sintesi dei fatti. Fatti che aprono poi una serie di riflessioni:

1) imbarazzante il silenzio dell’istituzione universitaria. Oltre ad aver finanziato l’iniziativa “culturale” fascista, oggi, durante la conferenza, non vi era un solo rappresentante dell’università, all’infuori di alcuni professori e parte del personale amministrativo. Vergognosa l’assenza di Rino Caputo, presidente della Facoltà di Lettere. Presidente non nuovo a simili silenzi, se pensiamo che, appena qualche mese fa, di fronte ad un immenso striscione esposto all’interno di Lettere, recante la scritta “Basta con la discriminazione fascista”, non c’era traccia di Caputo. Assenza che ha permesso di esibire lo striscione per lunghe ore, in una vera e propria occupazione fascista dell’edificio. Ad aggravare l’episodio, il fatto che a capo di quel gruppo vi erano gli stessi responsabili degli scontri di Piazza Navona (durante le agitazioni dell’Onda studentesca), gli stessi che riportiamo nella foto. Silenzio-assenza che dimostra il collasso delle istituzioni democratiche di fronte alla violenza neofascista.

2) Scandalosa la dichiarazione di Sandra Silvestri, rappresentante al Senato Accadamico fra le fila di Azione Universitaria, che ha preso posizione a favore tdi Blocco Studentesco. Fortunaamente Azione Universitaria ha avuto la decedenza di prendere le distanze dalla sua esponente.

3) Mentre in Italia non si fa che parlare di Berlusconi e dei suoi guai, distogliendo l’attenzione da ciò che più è importante per il Paese, Roma, sotto la giunta Alemanno sta vivendo una vera e propria stagione di rinascita neofascista. E’ sotto tale giunta che infatti questo nuovo vigore neofascista sta trovando piena legittimazione: se la costituzione afferma che l’apologia del fascismo è reato, a Roma trovano ampio spazio proprio frange estreme come Blocco Studentesco e Casa Pound, le quali forniscono la base elettorale di questa destra, e da questa ricevono protezione. In questa deriva si è inserita la stessa Polverini, a caccia di voti proprio fra questi personaggi, se pensiamo che domenica era allo stadio fra i fascisti della curva laziale, e ieri, a proposito dei fatti di Giurisprudenza, si è limitata a dire: “questi scontri non fanno bene alla gente, che vuole sentire parlare dei problemi reali”, con un qualunquismo per cui dovrebbe provare vergogna. Certamente se la Polverini vincerà questa tornata elettorale, fra lei ed Alemanno, calerà una nube “nera” sul Lazio.

D.G. e E.M.

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Sit-in di fronte al centro commerciale Tor Vergata, per difendere Donatella, lavoratrice di Carrefour licenziata dopo aver chiesta un’aspettativa per assistere la figlia. Numerosa la partecipazione di manifestanti: sventolano bandiere della Cgil, ma è presente anche il Pd, attraverso il circolo di Romanina-Anagnina e due personalità istituzionali come Giovanni Carapella e Augusto Battaglia. Ai manifestanti la polizia non concede però loro di entrare all’interno del centro commerciale, limitando così la protesta all’esterno dell’edificio.

Questi i fatti. Donatella lavora con Carrefour da 17 anni, è rappresentante sindacale (Filcams-Cgil) e madre di due bambini. A dicembre ha richiesto, e ottenuto, un’aspettativa di un mese per stare assieme alla figlia ammalata. Porta anche il certificato pediatrico, e non riceve obiezioni. Passato un mese, a Donatella giunge una contestazione, per essersi assentata senza giustificazione. Chiesti i dovuti chiarimenti, le arriva una nuova contestazione e infine il licenziamento. Ora Donatella, che giustamente non vuole perdere il lavoro, specialmente in questo modo indegno, sta portando la vicenda in tribunale.

Intanto il sindacato accusa il progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro a Carrefour (nota per una rigidità che sfiora il ridicolo: ai cassieri è concessa una sola pausa fisiologica al giorno) che solo nel 2009 ha licenziato 119 persone.

Se andiamo appena sotto la superficie si vedono molte cose. Una settimana prima di chiedere l’aspettativa, Donatella è stata contattata dalla direzione, la quale le ha proposto le dimissioni, offrendole un conguaglio di 15000 euro. Questo è accaduto ad altre sue colleghe (alcune delle quali hanno accettato). Il tratto comune che lega Donatella a queste sue colleghe, è il fatto di essere una madre. Le sue esigenze di genitore, mal si accordano con quelle della multinazionale. Aggiungiamo poi che Donatella, come detto, è rappresentante della Cgil e stava per diventare dirigente sindacale. Licenziata giusto in tempo.

Rimettiamo quindi insieme una serie di fattori: crisi, licenziamenti, essere madri, essere rappresentanti sindacali. La crisi c’è è innegabile. Altrettanto innegabile è però la schifezza di chi, in questo paese, è capo di grandi aziende o multinazionali. La maggior parte non chiude e licenzia perché in crisi, ma perché sfrutta la scusa della crisi per andarsene dall’Italia, dove i profitti sono minori di quanto si potrebbero ottenere in Italia. Dove poi occorre licenziare solo qualche persona (in modo da sostituirla con ricattabili precari), i criteri non sono scelti a caso. Donatella è un esempio lampante. Ha tutti i difetti che non possono essere accettati da chi vuole che i propri dipendenti siano semplici macchine in grado di produrre il massimo del profitto. Dà fastidio perché è rappresentante sindacale, quindi rompe per i propri diritti e per quelli degli altri. Dà fastidio perché ha una figlia piccola e quindi è un casino per i turni lavorativi. Ecco il succo.

Purtroppo il caso di Donatella è simile a migliaia di altri casi. Purtroppo nessuno sta facendo nulla per impedire che le grandi aziende facciano tutto a loro piacimento. Ilxincircolo, non può che esprimere a Donatella, e a tutti i lavoratori che di questi tempi vivono grandi difficoltà, la propria solidarietà, incitandoli a non arrendersi.

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Il centro anziani è una realtà di cui si sente spesso parlare, ma che nei fatti si conosce poco. La identifichiamo come un semplice punto di ritrovo, con pochi frequentatori e forse di età troppo avanzata per vederli sommersi nelle più svariate attività. L’incontro con questa realtà offre invece la possibilità di riscattarne l’immagine.

Nel X municipio sono presenti diversi centri anziani. Il presidente del centro della Romanina, Guido Amadio ci ha illustrato come funziona questo punto di aggregazione, le sue attività a livello locale ed al contempo a livello sociale, spiegandoci come questo centro che conta più di 1000 iscritti, è diventato un punto di riferimento non solo per gli anziani ma per l’intera area.

La storia di questo centro anziani nasce nei primi anni ’80, quando gli anziani del quartiere iniziarono a riunirsi nel parco della Romanina, dove vi erano presenti solo un campo di bocce, ancora in terra ed all’aperto, ed  una sorta di “baracca”. Col crescere di questo gruppo, cominciava a farsi sentire, sempre di più, l’esigenza di regolarizzare la propria attività e di costruire una vera e propria sede attorno alla quale si potesse formare un centro anziani riconosciuto a tutti gli effetti. Questa “lotta” si è sviluppata tra gli anni ’80 e ’90. Nell’arco di questi anni viene ottenuta la realizzazione della sede e la copertura del campo di bocce. In occasione di una mostra canile, organizzata in questa sede nel 2002, gli anziani ufficializzano, dopo aver preso contatti con l’allora sindaco Veltroni, la nascita del centro anziani. La mostra diventa così l’occasione per una festa, alla quale participano più di mille persone.

Una volta ottenuta la sede, comincia il lavoro di organizzazione: si avviano le iscrizioni e sempre nel 2002 si elegge per la prima volta il presidente del centro. Intanto i bocciofili si preoccupano della copertura integrale del campo da gioco, finora riparato esclusivamente da un tetto superiore. Legalmente questa chiusura non era però possibile: il presidente ci racconta che, prendendosi le responsabilità del caso e appoggiato dal consenso unanime, fece chiudere lateralmente il campo. Con soddisfazione, ci spiega che il circolo bocciofilo è iscritto alla federazione italiana bocce (FIB) ed ospita importanti tornei. Ed è proprio grazie a questo circolo che molti anziani, fra cui molte donne, si sono avvicinati a questo sport.

Le attività del centro non si limitano esclusivamente al gioco delle bocce o delle carte. A favorire l’aggregazione e ad attirare sempre più iscritti, sono le dinamiche iniziative promosse dal centro: lezioni di ballo con insegnanti esperti, feste ed incontri con importanti personalità, viaggi, gite fuori porte o giornate culturali. Oltre a tutto ciò il centro è diventato tutore del parco che lo circonda, spazio che assume sempre più importanza  in un quartiere sempre più in crescita e trafficato, caratterizzato da un numero sempre crescente di centri commerciali. Dati i risultati ottenuti e grazie ad una costante presenza su tutto il territorio, il presidente afferma che ormai il centro è divenuto un fondamentale punto di riferimento per l’intero quartiere e non solo per gli anziani.

Guido Amadio ci ha poi spiegato come i centri anziani non siano isolati fra di loro, anzi questi si servono di un apparato ben strutturato. Dipendenti dall’assessorato per le politiche sociali, i centri sono in diretto contatto con i municipi, specialmente attraverso la figura del coordinatore, eletto fra i presidenti dei centri anziani del municipio. In questo momento il coordinatore per il decimo municipio è lo stesso Guido Amadio, il quale ci ha descritto quest’attività come “affascinante” in quanto permette di vivere appieno le realtà di tutti i centri anziani, compresi quelli delle altre regioni italiane.

Il presidente conclude dicendo come la relatà dei centri anziani andrebbe rafforzata in tutta Italia, in quanto si è dimostrato un ottimo modello per combattere quella che ormai è una piaga sociale, la solitudine di molti anziani: oltre ad offrire un punto di ritrovo, riesce infatti a rappresentare per molti un posto confortante grazie al quale poter ritrovare una serenità  e a ricreare un calore quasi familiare.

Diego Gavini

Eleonora Muzi

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