Si chiude con una vittoria del centro-destra (e specialmente di marca leghista a Nord) la tornata elettorale delle comunali, chiusa ieri con i ballottaggi nei comuni ancora in bilico. In assoluto, nei comuni con più di 15.000 abitanti, si passa da un 37 a 25 per il centro-sinistra a un 30-27 per il centro-destra. Ma sono soprattutto i risultati nei capoluoghi in cui si sono svolti i ballottaggi a far riflettere, non tanto per il fatto che si passa da un 3-1 per il centro-sinistra a un 2-2, ma per gli esiti dei risultati.
La crepa più vistosa è Mantova, tradizionalmente roccaforte di sinistra in Lombardia, dove il sindaco uscente, la Brioni, non riesce a farsi riconfermare, perdendo 52,2% a 47,8%, nonostante fosse in vantaggio al primo turno. Ancora più scottante il fatto che a imporsi è un leghista, ulteriore dimostrazione della crescita impetuosa del partito di Bossi.
Cambia di segno anche Vibo Valentia (D’Agostino si impone 59,2 a 40,7), ma qui il risultato era già più scontato vista la disfatta del centro-sinistra alle regionali. Segno però ulteriore di come la politica in Calabria, specialmente del Pd, va rivista completamente.
La sconfitta dello schieramento del centro-sinistra si nota però anche nella vittoria. Sia a Macerata che a Matera, il centro-sinistra vince, ma di pochissime centinaia di voti in entrambe le città. Segno preoccupante visto l’esito delle regionali, quando nelle Marche le forze progressiste si sono imposte con buon margine e in Basilicata con un consenso addirittura quasi bulgaro. Unica nota lieta resta il fatto di essere riusciti a far cambiare di colore Matera: stona però il fatto che le lotte intestine nel centro-destra in questa città potevano lasciar presupporre una vittoria di ben più larga misura.
In generale il bilancio non è disastroso per il centro-sinistra e per il Pd. Come abbiamo detto c’è un sostanziale pareggio nei grandi comuni e un 5-4 nei capoluoghi (Lecco, Lodi, Venezia, Macerata e Matera per il centro-sinistra; Mantova, Andria, Chieti e Vibo Valentia per il centro-destra). Ma due sono gli elementi negativi più vistosi. Il primo è la perdita di molte città, piccole o grandi, segno che le stesse amministrazioni hanno evidentemente lavorato male (cambi di segno molto evidenti poi soprattutto nel Sud). Il secondo è che la sinistra sta perdendo quella che è sempre stata una sua caratteristica e un suo punto di forza: la capacità di compensare le sconfitte nelle elezioni politiche con la vittoria in quelle amministrative. Quindi la capacità di comprendere bene i problemi del territorio e tradurre questa comprensione in un lavoro positivo ed onesto. Il quale poi si traduceva nuovamente nella capacità di vedersi riconosciuto, a livello di consenso, questo lavoro.
Appare sempre più chiaro dunque che la linea di un partito popolare lanciata da Bersani coglie nel segno, in quanto si è compreso che la sinistra sta rischiando di perdere sempre di più la sua identità ed il contatto con la gente. Al contempo, lo stesso Bersani deve essere in grado di imprimere un’accelerazione alla costruzione di questo partito, convogliando tutte le energie positive in questo progetto.
Diego Gavini