In questi giorni stiamo assistendo ad ogni sorta di tentativo di riabilitazione della figura di Bettino Craxi. A farsene carico, oltre la famiglia, un’intera classe politica. Cicchitto, Schifani, Sacconi, Brunetta, tanto per fare alcuni nomi, tutti uomini che ricoprono le più alte cariche dello Stato, si stanno prodigando in ogni maniera per rilanciare la memoria dell’ex leader socialista: volano ad Hammamet, organizzano al Senato un’importante commemorazione, e così via.
Lo spazio riservato sui media a queste vicende, il grande rilievo pubblico cui riescono a giungere personalità di questo tipo, la memoria molto corta degli italiani, alcuni riconoscimenti da parte dell’opposizione: tutti questi elementi mescolati insieme, sembra stiano addirittura riuscendo nel miracolo di far passare come credibile il messaggio della riabilitazione.
L’elemento più particolare di questa ondata, è che nessuno ha mai tentato di dire: Craxi era innocente, una vittima di un enorme errore giudiziario. Quello che si sta tentando di dire, è ben diverso, ed ancora più preoccupante. Abbiamo sentito il presidente del Senato, Schifani, affermare che Craxi è stata la vittima sacrificale, l’uomo più colpito di un intero sistema che andava in una direzione particolare (Minzolini l’ha definita una democrazia costosa). Abbiamo anche sentito dire che Craxi ha pagato le sue vedute innovative ed è stato colpito da una giustizia deviata, ovvero da magistrati politicizzati. Non abbiamo invece sentito nessuno dire: Craxi ha sbagliato e doveva pagare, così come dovevano pagare tutti gli altri che hanno sbagliato. A ben interpretare le parole che stiamo sentendo questi giorni, il messaggio che si vuol far passare è molto semplice e molto italiano. E anche molto preoccupante: tutti colpevoli, tutti innocenti.
Il tentativo di riabilitare Craxi, trova ancora più vigore perché questi sono giorni importanti per Berlusconi, il quale da mesi vive sul piano giudiziario il suo periodo più complicato, accentuando notevolmente i parallelismi con l’amico di un tempo. Al Senato si sta difatti discutendo sul processo breve, in grado di risolvere molti grattacapi al nostro premier, nonché di molti colletti bianchi del nostro paese. Gli attacchi alla magistratura politicizzata si moltiplicano. La riabilitazione del deputato dell’Udc, Mannino, scagionato ieri dopo 18 anni di travagliate vicende giudiziarie, sembra cadere a pennello.
Io credo che nessuno in Italia, se non i colpevoli, sia contento dei tempi della giustizia, i troppi anni che intercorrono prima di giungere a verdetti certi. Tutti vorremmo che i processi si risolvessero nel minor tempo possibile. Ma non si può realizzare il processo breve se non vi sono le possibilità materiali che la giustizia possa svolgere con celerità il proprio compito. Occorrono prima riforme che alleggeriscano i tempi e che rendano possibile, sul piano pratico, giungere velocemente a una giustizia certa. Questo però non in nome di Berlusconi, ma di tutti gli italiani. Se queste precondizioni non esistono, il processo breve è solo un modo per lasciare impuniti i colpevoli. Il che è solo un danno aggiuntivo in un Paese dagli enormi problemi.
Le commemorazioni di Craxi e la vicenda del processo breve, non possono non condurre a una riflessione sulla responsabilità della politica. La responsabilità degli uomini politici non sta nel risolvere i problemi personali di chi guida il Paese. La responsabilità sta nel rafforzare lo Stato, renderlo solido e condurre la nazione verso un progresso reale. A prescindere dalle diversità delle opinioni, ogni nostro dirigente deve avere come obiettivo il bene dell’Italia. Come Bersani ha giustamente ricordato ieri sera a Ballarò, mentre negli altri Paesi europei si discute di come uscire dalla crisi, di come rilanciare l’economia, di come applicare l’economia verde e così via, il Parlamento italiano sta invece diventando una succursale dell’ufficio di difesa di Berlusconi.
Uno dei personaggi più importanti della Commedia di Dante è Farinata degli Uberti. Benché Dante appartenesse a una fazione politica avversa a quella di Farinata, rispetta il proprio avversario e ne riconosce i meriti perché, a dispetto della differente visione politica, il suo impegno, al pari di quello di Dante stesso, era tutto rivolto al bene di Firenze.
Questa responsabilità della politica è quella che manca oggi in Italia. I problemi di un uomo solo diventano affare di Stato, l’agenda legislativa è programmata solamente in questa direzione. La possibilità di una discussione seria fra maggioranza e opposizione, unica via a un rilancio unitario del Paese (a tal proposito non possiamo non pensare con nostalgia a uomini come Berlinguer e Moro), è interrotta sul nascere dall’urgenza dei problemi di Berlusconi.
L’anomalia italiana non è una classe giudiziaria politicizzata, ma la visione privatistica della cosa pubblica, caso unico nel cosidetto Occidente. Sono mesi che siamo subissati dai problemi di Berlusconi; lo stesso Berlusconi è preda dei ricatti di un partito xenofobo come quello della Lega Nord; un partito come quello di Di Pietro è in grado di raccogliere un ampio consenso col solo attacco al premier; l’azione parlamentare è resa evanescente dai colpi di mano dei decreti legge; una legge elettorale vergognosa fa sì che pochi uomini decidano come guidare un paese. Intanto il Paese crolla sotto i colpi della crisi, il debito pubblico raggiunge livelli mai visti, la corruzione dilaga, le istituzioni di garanzia vengono deleggitimate, l’istruzione pubblica compie un’involuzione nefasta, la sanità è in mano a rampanti Tarantini, la criminalità organizzata, in assenza di uno Stato forte, si ramifica nella società. E la responsabilità degli uomini politici si nasconde dietro i problemi di un uomo solo.
La politica è l’elemento cardine di uno Stato. Il qualunquismo e l’apoliticità i mali peggiori. La classe politica che guida oggi il Paese, in nome di una maggioranza relativa degli italiani, è fra le più irresponsabili che abbiamo mai avuto.
Diego Gavini
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